Condizioni organizzative abilitanti per le terapie digitali in Italia

Elio Borgonovi1, 2, Sebastiano Filetti3, Felice Lopane4, Simona Barbaglia5, Oriana Ciani1, Sabrina Grigolo6
1CERGAS, SDA Bocconi School of Management, Milano
2Fondazione Smith Kline, Verona
3School of Health, UnitelmaSapienza, Roma
4Life Sciences, Assolombarda, Milano
5Associazione Nazionale Pazienti Respiriamo Insieme Onlus, Padova
6Accademia del Paziente Esperto EUPATI Onlus

Tendenze nuove, Numero Speciale n.01 2021; 133-146: DOI: 10.32032/TENDENZENS20210110.PDF

 
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1. Terapie digitali per l’Italia: uno sguardo
al contesto economico e industriale

Nel corso dell’ultimo decennio, la crisi economica del 2007 e i tagli alle finanze della Pubblica Amministrazione (con la Legge n. 111 del 2011 e la Legge n. 135 del 2012), hanno contribuito a condizionare in maniera negativa il contesto operativo per la sanità e più in generale per la filiera delle scienze della vita. Anche oggi, se guardiamo alla spesa sanitaria italiana e la confrontiamo con quella delle principali economie europee, lo scarto appare evidente. Se si considerano i dati OCSE, nel 2018, in Italia la spesa in sanità è stata pari a circa 2.900 Euro a parità di potere di acquisto, valore molto inferiore rispetto ai livelli di spesa di Germania (spesa pari a 1.75 volte quella italiana), Francia (spesa pari a 1.45 volte quella italiana) e Regno Unito (spesa pari a 1.18 volte quella italiana).

Tuttavia, il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN), grazie alle buone pratiche in sanità, ad una partecipazione più consapevole dei cittadini (Analisi Partecipata della Qualità etc), al sistematizzato confronto e alla collaborazione tra amministrazioni e organizzazioni di pazienti, ma anche all’impatto della ricerca pubblica e privata e dell’innovazione, è riuscito a preservare (seppure con evidenti difformità a livello territoriale) standard di salute e qualità di vita elevati e “competitivi” nel confronto internazionale. A dimostrazione di questo, nel 2017 si è registrata un’aspettativa di vita pari a 83 anni, tra le più alte al mondo dopo Giappone, Svizzera e Spagna. L’aspettativa di vita in buona salute, invece, è pari a 73.2 anni, un valore più elevato rispetto alla media europea e al dato di Paesi come gli Stati Uniti dove l’aspettativa di vita in buona salute alla nascita è di 68.5 anni(1). Ad ogni modo, per preservare e migliorare ulteriormente gli attuali esiti di salute, il nostro SSN necessita di una strategia ben costruita e rispondente ad alcuni principi fondamentali, come ad esempio il potenziamento della risposta ai bisogni sanitari della popolazione residente in tutto il territorio nazionale secondo criteri di appropriatezza ed efficacia, l’efficientamento della spesa sanitaria e la sostenibilità del SSN. Si tratta di tre concetti chiave che riflettono il contesto nel quale il nostro e altri Sistemi Sanitari si trovano ad operare per via di fenomeni quali:

• l’aumento della popolazione globale;

• l’incremento dell’aspettativa di vita;

• la maggiore incidenza di patologie croniche e patologie rare di cui si ignoravano gli esiti a lungo termine;

• le necessità di gestire nuove malattie e sostenere l’accesso di terapie e device innovativi ad alto impatto economico (si noti ad esempio la diffusione della logica BYOD, “bring your own device” come accessorio di vita quotidiana), sociale e sanitario;

• basso livello di health literacy e…

• …la ancora scarsa formazione del paziente.

Dal 1978, anno nel quale è stato istituito il SSN sulla base di principi fondanti quali universalità, solidarietà tramite fiscalità generale, equità, uguaglianza, gratuità considerata all’interno di schemi di compartecipazione dei cittadini, molto è cambiato. Due elementi in particolare hanno segnato l’evoluzione dell’organizzazione sanitaria in Italia: l’aziendalizzazione delle originarie Unità Sanitarie Locali e l’assunzione, da parte delle Regioni, del ruolo centrale nell’erogazione dei servizi. Questi cambiamenti sono stati introdotti grazie a una sequenza di provvedimenti legislativi culminati con la riforma del Titolo V, Legge Costituzionale n. 3/2001, secondo cui la tutela della salute diviene materia di legislazione concorrente Stato-Regioni: lo Stato determina i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA); le Regioni hanno competenza esclusiva nella regolamentazione e organizzazione dei servizi sanitari e nel finanziamento delle Aziende Sanitarie. Ad oggi assistiamo nel nostro Paese a marcate disomogeneità e differenze regionali – potremmo affermare di avere a che fare con 20 Sistemi Sanitari Regionali diversi – con delle ricadute visibili anche in termini di accesso alle cure ed esiti di salute.

Un possibile supporto e alleato dei moderni Sistemi Sanitari è rappresentato dalla digitalizzazione, che negli ultimi 20 anni ha permesso alla ricerca di aumentare sensibilmente il proprio potenziale, attraverso l’utilizzo di modelli e algoritmi predittivi di intelligenza artificiale. Come riconosciuto anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la sanità digitale rappresenta una possibile risposta alla necessità di migliorare l’accesso in sanità, ridurre i costi sanitari, migliorare la qualità di gestione e di “self-care” da parte del paziente, e rendere la sanità più efficace e personalizzata. Sempre secondo l’OMS la sanità digitale può contribuire a ridurre le iniquità nell’accesso alla salute a livello globale (a patto di considerare sin dall’inizio i livelli di digital skill dei pazienti e dei caregiver, attivando azioni e progettualità per il loro potenziamento), a razionalizzare il carico di lavoro per i professionisti sanitari, e a rendere più efficiente il sistema di erogazione dei servizi sanitari e socio-sanitari(2). Una teoria che ha già avuto significativi riscontri positivi, e che nella drammatica emergenza COVID-19, che ha sottoposto i Sistemi Sanitari internazionali a pressioni inconsuete, ha trovato una nuova conferma. A questo proposito, anche l’Istituto Superiore di Sanità definisce i sistemi di sanità digitale come alleati per una gestione ottimale dell’emergenza sanitaria, quindi per garantire assistenza alla popolazione, con particolare riferimento ai soggetti cronici e fragili(3)

È nell’ambito della sanità digitale che rientrano anche le più innovative Terapie Digitali (DTx), che già oltreoceano e in alcuni Paesi europei sono parte integrante del sistema di offerta sanitaria. Si tratta di un concetto recente nel mondo delle scienze della vita che, tuttavia, è destinato a rivoluzionare le modalità di gestione e cura di alcune importanti morbilità afferenti ad aree diverse, dalla salute mentale, alle malattie respiratorie, metaboliche e cardiovascolari. Ribadiamo dunque la definizione di terapie digitali a cui facciamo riferimento in questo documento. La terapia digitale fornisce ai pazienti interventi terapeutici basati su prove di efficacia, costituiti da algoritmi di elevata qualità con lo scopo di prevenire, gestire o trattare un disturbo medico o una malattia. Tali interventi sono utilizzati sia in modo indipendente sia in associazione a farmaci, dispositivi o altre eventuali terapie per ottimizzare la cura del paziente e i risultati in termini di salute. Le DTx sono oggetto di valutazione regolatoria e approvate da enti regolatori per sostenere le dichiarazioni sui prodotti che riguardino l’efficacia, i rischi e l’uso previsto. Sono sottoposte, quando previsto ai fini del rimborso, a valutazioni di Health Technology Assessment e prescritte nella gran parte dei casi da un medico. Ciò che differenzia la terapia digitale dal farmaco è il principio attivo, ovvero l’elemento della terapia responsabile dell’effetto clinico (sia favorevole che indesiderato, come nel caso degli eventi avversi): una molecola nel caso del farmaco, un algoritmo nel caso della terapia digitale. Tale algoritmo può estrinsecarsi per esempio con l’interfaccia di una App da usare con uno smartphone, o di un videogioco da usare con una console.

Le DTx rappresentano uno strumento strategico per il nostro Paese per tre principali motivazioni: a livello potenziale, possono fornire un utile contributo in termini di efficienza e sostenibilità per il SSN; potrebbero favorire l’efficacia clinica anche attraverso nuove forme di engagement dei pazienti e di caregiver; potrebbero rappresentare una nuova area di sviluppo per la filiera italiana delle scienze della vita. L’Italia, infatti, oltre a far proprio l’utilizzo medico delle terapie digitali, potrebbe candidarsi ad essere un hub internazionale per le DTx per le seguenti motivazioni:

1. Il settore della digital health e delle DTx è rappresentato prevalentemente da piccole e medie imprese collegate al nostro territorio che conducono ricerca e sviluppano sistemi innovativi, attraverso strutture organizzative agili, composte da pochi professionisti altamente specializzati 

2. Le piccole realtà rappresentano un’ulteriore opportunità: grazie al loro radicamento sul territorio (ecosistema della salute secondo il modello a 4 eliche dell’innovazione), favoriscono una riduzione delle distanze tra sanità, pazienti e attività di impresa, la prossimità di soluzioni innovative in risposta a bisogni specifici del territorio, la genesi di network operativi per lo sviluppo di progetti di ricerca e innovazione

3. Le piccole e medie imprese (PMI), da cui, a livello europeo, il settore dei dispositivi medici dipende fortemente, rappresentano oltre il 90% del tessuto imprenditoriale del nostro Paese, per un totale di 5 milioni di imprese e oltre 15 milioni di occupati (l’82% del totale in Italia)(4) 

4. Dal 2015, la spesa pubblica a sostegno delle PMI in Italia è aumentata e le imprese di questo tipo assorbono circa il 70% delle agevolazioni complessivamente erogate a livello nazionale (periodo di riferimento 2012-2017), per un totale di 2.23 miliardi di Euro solo nel 2017

5. L’Italia rappresenta un polo di eccellenza sia nelle Information and Communication Technologies (ICT)(5) sia nelle scienze della vita, una filiera il cui impatto è pari al 10% del Prodotto Interno Lordo (PIL), se si considera il valore aggiunto(6)

Quest’ultimo è un passaggio importante, perché conferma la predisposizione del nostro sistema allo sviluppo di collaborazioni tra team multidisciplinari, in grado di sviluppare soluzioni innovative. Infatti, un ulteriore requisito fondamentale per lo sviluppo delle terapie digitali è la presenza di un ecosistema di strutture sanitarie e socio-sanitarie in grado di divenire parte attiva dei processi di sviluppo, ma anche di istituzioni e imprese dei comparti life science e digital. Inoltre, vanno opportunamente sfruttate le sinergie che si possono creare tra start-up, piccole imprese particolarmente flessibili e imprese di grandi dimensioni (big pharma e big tech), in grado di costituire acceleratori dell’innovazione aggiungendo ai vantaggi della specializzazione e creatività le economie di scala e di diffusione in mercati ampi. La presenza di grandi player del mondo digital di Information Communication Technology (ICT) può rappresentare un vantaggio per il territorio, considerando la tendenza di aziende come Google, Apple, Amazon ad inserirsi nel mondo healthcare. Opportunità che, allo stesso tempo, necessita di policy mirate che tutelino la privacy e la sicurezza dell’utente finale. Un ecosistema in grado di favorire la collaborazione tra ricerca, sviluppo e produzione è il territorio lombardo, in cui il peso della filiera life sciences è superiore a quello nazionale e dove è in fase di sviluppo un hub nazionale per l’innovazione nelle scienze della vita (il Milano Innovation District) che vede la cooperazione tra istituzioni per la formazione, la ricerca scientifica e la cura della popolazione (Human Technopole, Università Statale di Milano, IRCCS Galeazzi, imprese life science).

Seppure a livello normativo e organizzativo ci sia ancora molto lavoro da fare (basti pensare alla difficoltà, per via della grande eterogeneità esistente, di rendere le soluzioni digitali interoperabili con i sistemi digitali e di data collection attualmente in uso, per non parlare delle carenze infrastrutturali di base), sia il tessuto industriale che quello della ricerca e delle relazioni con le comunità di riferimento si prestano allo sviluppo di un settore che richiede competenze di alto livello, imprenditorialità di piccole e medie dimensioni (unita ad un ecosistema di strutture disponibile alla collaborazione) e un contesto in cui poter sperimentare la tecnologia.

Infine, ad aumentare le possibilità di realizzare una filiera nazionale delle DTx vi è anche la convergenza delle strategie e dei programmi delle istituzioni europee verso la creazione di maggiori sinergie tra i settori health care e digital. Recentemente, per incentivare lo sviluppo del settore a livello europeo, EIT-Health (una delle “knowledge and innovation community” istituite dallo “European Institute of Innovation and Technology”) ha inserito il settore digital health tra quelli che potranno accedere alla prima piattaforma di crowdfunding paneuropea dedicata alla filiera della salute. In aggiunta, all’interno di Horizon Europe, nuovo programma europeo per la ricerca e l’innovazione, particolare enfasi è data alla presenza e alla necessità di rafforzare le contaminazioni tra “Cluster Health” e “Cluster Digital, Industry&Space”, attraverso iniziative, call e partnership pubblico-privato attive o di nuova costituzione. Queste iniziative sono particolarmente significative perché prevedono anche modelli partecipativi dei cittadini UE ai processi di R&D europea (come ad esempio la partnershipLarge-scale innovation and transformation of health systems in a digital and ageing society”, il cui lancio è previsto per il 2021) e, nel medio-lungo periodo, potrebbero favorire il consolidamento di una nuova filiera produttiva e innovativa dedicata alla digital health e, in particolare, alle terapie digitali, in Italia e in Europa. A tali iniziative si aggiungono poi strumenti concreti, messi a disposizione dall’Unione Europea, come ad esempio il pre-commercial procurement con fase 0, un’opportunità per i pazienti e i caregiver che, in questo modo, partecipano direttamente alla definizione del profilo di bisogno di salute. Attraverso questo processo si genera una base concreta per la successiva fase 1, grazie alla quale il “profilo” delineato dagli stakeholder viene trasferito alle imprese, ottimizzando quindi i processi di ricerca e sviluppo.

2. Terapie digitali per l’Italia: condizioni organizzative abilitanti 

Parlare di condizioni organizzative che creino un ecosistema favorevole all’affermazione delle terapie digitali significa affrontare i problemi che si presentano nei seguenti passaggi: 

1. sviluppare conoscenza rispetto a efficacia, sicurezza e meccanismi d’azione delle terapie digitali (es. attivare programmi di life-long learning su digital skill); 

2. aumentare la consapevolezza rispetto a un’alternativa disponibile ed efficace;

3. sviluppare capacità nell’utilizzo appropriato e integrare le DTx nei processi e nei flussi informativi in essere;

4. chiarire ed essere in grado di dimostrare l’interesse, l’utilità, la convenienza e le potenzialità delle terapie digitali;

5. chiarire i processi decisionali (regolatori, prescrittivi e di pagamento) funzionali all’implementazione. 

Tutte queste condizioni, che potevano sembrare difficili da realizzare in tempi brevi fino a pochi mesi fa, sembrano essere più facilmente raggiungibili dopo l’emergenza COVID-19, che in pochi mesi ha consentito di sperimentare con successo sistemi di telemedicina, intesa in senso lato, e mettere alla prova le potenzialità del digitale anche in ambito sanitario. Coerentemente con il principio secondo cui le crisi non devono mai essere sprecate, è necessario cogliere le enormi opportunità generate dalla distruzione di precedenti elementi culturali e comportamenti che sembravano intoccabili. A questo proposito, il recovery plan proposto dalla task force istituita dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri alla luce dell’emergenza COVID-19 e presieduta dal Dr. Colao, ha individuato tre pilastri per la ripresa: digitalizzazione e innovazione, rivoluzione verde, parità di genere e inclusione. Il primo aspetto riguarda proprio azioni massicce di ammodernamento digitale della sanità pubblica e un piano di Digital Health nazionale che permetta l’instaurarsi di un ecosistema in cui tutti gli attori della filiera sono in comunicazione, che renda disponibili tutti i dati sanitari del paziente ai professionisti sanitari autorizzati, che consenta cure integrate, personalizzazione, monitoraggio e maggiore efficienza per il sistema.

Passiamo ora all’analisi dei diversi punti critici per la realizzazione delle condizioni organizzative che favoriscano lo sviluppo delle terapie digitali in Italia. Il primo punto, enunciato nel precedente elenco, è stato ampiamente approfondito in uno specifico contributo contenuto nel volume monografico che raccoglie anche il presente articolo, quindi non ci dilungheremo oltre. Oltre ad una attività di formazione estesa e generalizzata rivolta a un numero ampio di professionisti nei diversi settori di applicabilità delle terapie digitali (es. attivazione di programmi di lifelong learning su digital skill), sono necessarie figure specifiche in grado di supportare l’azienda sanitaria nella scelta tra diverse terapie (incluse quelle basate su software) che hanno la stessa finalità e gli stessi ambiti di applicazione, così come il monitoraggio dell’utilizzo e la soluzione di eventuali problemi tecnico-informatici che possono sorgere. Altrettanto, appare particolarmente opportuna la disponibilità di figure di Data Analyst in quanto l’utilità delle terapie digitali consiste proprio nella generazione di enormi quantità di dati e informazioni. Si tratta di competenze professionali emergenti che possono avere un diverso background culturale, ma che per esperienza e percorsi formativi dovrebbero qualificarsi per uno spiccato orientamento interdisciplinare (medico, ingegneristico, psico-comportamentale, economico-manageriale) e per una notevole apertura all’approccio della “complessità”. 

Sono necessarie inoltre attività di informazione e condivisione nei confronti dei medici e di professionisti, dei pazienti, dei caregiver, dei direttori di strutture organizzative, del top management, dei policy maker e più in generale di tutti coloro che potrebbero trarre vantaggi dalla disponibilità nella pratica clinica delle terapie digitali. In aggiunta, il coinvolgimento delle Società Scientifiche appare indispensabile in quanto sono queste le organizzazioni in grado di: “validare” prodotti, servizi e approcci innovativi in sanità, come appunto le DTx; garantire che le terapie digitali rispondano ai canoni della moderna medicina basata sulle evidenze; elaborare eventualmente linee guida per il loro corretto utilizzo. Oggi, infatti, sono ancora poco conosciute le potenzialità delle DTx e occorre tener presente che nel nostro Paese vi è un generale ritardo sul piano dell’alfabetizzazione e dell’uso di tutte le opportunità della società digitale. Inoltre, la formazione di medici, infermieri e altri professionisti è fondata su modelli molto tradizionali che generano barriere verso l’innovazione. Il ricorso a convegni e altre iniziative tra esperti non è di per sé sufficiente, ma occorre definire una strategia di più ampio coinvolgimento dei professionisti sanitari. Altrettanto, è particolarmente importante il coinvolgimento e la sensibilizzazione dei pazienti, attraverso azioni che mettano in evidenza i potenziali benefici delle DTx anche rispetto ad altri trattamenti, così come la possibilità da un lato di una autonoma gestione della terapia e dall’altro la sicurezza che può essere data dal continuo collegamento con il medico curante o con un team di esperti. Per queste attività educative è necessario ricorrere a persone con profili professionali in grado di coniugare la conoscenza delle caratteristiche peculiari delle DTx, degli ambiti di applicazione nei quali esse sono potenzialmente efficaci e delle realtà nelle quali sono già state applicate, con elevata capacità di comunicazione, chiarezza espositiva, capacità di stimolare la curiosità degli ascoltatori e di utilizzare metodi efficaci per il trasferimento delle conoscenze. Sono necessarie doti di adattamento a diverse audience, utilizzando per ognuna le argomentazioni più convincenti e quelle più efficaci per superare perplessità e resistenze. In genere questa fase è demandata a persone esterne all’organizzazione sanitaria, pubblica o privata, e più tipicamente a figure di comunicatori o formatori che collaborano più o meno stabilmente con le aziende produttrici e hanno acquisito una credibilità e una positiva affidabilità. Bisognerebbe, però, evitare il coinvolgimento di soggetti che si caratterizzano come sostenitori “acritici” dell’innovazione (in grado di vederne solo i pregi e non i limiti o le difficoltà di utilizzo) o, ancor peggio, soggetti con un atteggiamento tipico di “venditore di idee” (poco utile quando l’obiettivo finale non è poi la vendita di un prodotto). Si pone per il Paese una grande opportunità che consiste nel formare per esempio pazienti esperti in salute e DTx, che possano essere percepiti dagli stakeholder del SSN più credibili e maggiormente equilibrati nel presentare ciò che questi approcci possono dare e ciò che non ci si può/deve attendere da esse. Nel processo informativo-formativo risultano molto utili esperienze di medici o altri professionisti che operano o collaborano con organizzazioni all’interno delle quali sia in essere la sperimentazione e l’utilizzo delle DTx nella pratica clinica, o che hanno iniziato ad utilizzare le terapie digitali, o che rappresentino un riferimento nazionale e/o internazionale per il settore e negli ambiti di applicazione della terapia digitale.

Sul piano organizzativo ed economico, la scelta di adozione delle DTx, con l’individuazione dei percorsi nei quali inserirle e la messa a sistema di specifiche unità organizzative a supporto dei professionisti e dei pazienti che le utilizzano, è particolarmente critica. Per compiere questa scelta è necessario:

1. chiarire se si usano le DTx in sostituzione, in aggiunta o in associazione a farmaci, dispositivi e tecnologie mediche, etc; 

2. definire se le DTx sono inserite in un PDTA o in una organizzazione a rete, ad esempio modello “hub and spoke”, che implica una diversa collocazione organizzativa delle decisioni, dell’erogazione e del monitoraggio delle terapie digitali, nonché delle responsabilità sulla loro efficacia; 

3. identificare i benefici in termini di appropriatezza, livello di copertura del bisogno di salute potenziale (ad esempio per pazienti dispersi in territorio vasto o in zone poco accessibili), efficacia, efficienza in termini di costo per paziente/trattamento/risultato; 

4. identificare i costi diretti e indiretti, monetizzabili e non monetizzabili, quantificabili o correlabili solo a potenziali disagi o rischi per i pazienti sulla base delle tipologie di benefici/costi applicati con l’analisi HTA. In questo caso modelli e tecniche devono essere adattati alla specificità delle DTx, rispetto a quelli utilizzati per farmaci, dispositivi, e altre tecnologie; 

5. individuare le barriere digitali dei pazienti e dei caregiver nell’utilizzo delle DTx (dalla possibilità di collegamento ad Internet, alla disponibilità di device e skill adeguate).

Rispetto alla convenienza delle terapie digitali, sarebbero di grande aiuto strumenti più flessibili e snelli per la promozione di collaborazioni tra pubblica amministrazione e Associazioni di pazienti (ad esempio revisione e semplificazione del codice degli appalti e art.55 del codice per gli enti di terzo settore), possibilmente uniformi su tutto il territorio o comunque armonizzate tra tutte le Regioni. Sempre con lo stesso intento, andrebbero studiati incentivi e modelli di collaborazione di successo tra start-up digitali e big pharma, finora non sempre legati da relazioni idilliache. 

Da ultimo, è essenziale definire in modo chiaro i processi decisionali afferenti al paziente, al medico o al professionista coinvolto nella terapia, al direttore di unità organizzativa, alla direzione strategica dell’azienda pubblica o privata, al policy maker regionale o nazionale, all’ente regolatorio o ente che definisce il sistema di rimborso. In linea generale, nella valutazione dell’utilità delle DTx, l’uso di dati real life per il monitoraggio degli effetti di queste tecnologie, e l’applicazione di misure di patient reported outcomes o patient reported experience è fortemente raccomandato. Valutazioni economiche, di tipo diverso, da utilizzare in questa fase potrebbero rivelare che le DTx, forse più di altre terapie, consentono di ottenere soluzioni win-win per tutti gli attori della filiera. È importante che la volontà di utilizzo coincida con il detentore del potere formale della decisione. Ad esempio, nel caso di terapia approvata ed autorizzata da un ente regolatorio in un Paese dove tuttavia non fosse rimborsabile dal SSN o da fondi/casse/assicurazioni private, è sufficiente per la decisione che esista la volontà del medico prescrittore o la disponibilità a pagare del paziente. In un Paese dove fosse riconosciuta la rimborsabilità da parte di fondi o assicurazioni è necessaria, oltre all’autorizzazione dell’ente regolatorio, la volontà del medico prescrittore di scegliere questa terapia rispetto ad altre, e la decisione dell’ente pagatore. Nell’ambito di un Servizio Sanitario Nazionale la possibilità di introdurre nella pratica clinica terapie digitali, oltre che dall’ente regolatorio, dipende dall’inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), dalle disponibilità di budget delle aziende sanitarie pubbliche o accreditate, oppure dalla disponibilità dei pazienti a ricorrere a prestazioni private out of pocket o coperte da casse/fondi/assicurazioni private. Nei casi di rimborsabilità da parte di fondi/casse/assicurazioni/SSN, è necessario individuare le classi terapeutiche alle quali fanno riferimento le DTx. Anche nei casi in cui non ci sia un terzo pagatore coinvolto, è importante che il paziente acceda a un trattamento adeguatamente valutato da un organo preposto e per il quale il value-for-money sia stabilito. 

Abbiamo precedentemente accennato all’ambizione della sanità digitale di ridurre le iniquità nell’accesso alla salute, e tuttavia non va sottovalutato il rischio che progressi tecnologici pur promettenti possano accompagnarsi a conseguenze inattese come il perpetuare delle disparità a discapito dei gruppi sociali più svantaggiati. È indispensabile per le terapie digitali non esacerbare le sfide che già ostacolano il raggiungimento di esiti di salute ideali per le minoranze, per i soggetti fragili, per gli individui con livello socio-economico non elevato. Quello che alcuni autori hanno identificato come “digital disadvantage for the disadvantaged”(7) andrebbe accuratamente evitato. 

Alcuni suggerimenti a questo proposito riguardano la progettazione strategica degli interventi di salute digitale, incluso aumentare il reclutamento tra soggetti diversificati durante tutto il processo di ricerca e sviluppo per consentire una più ampia valutazione di risposte e mitigare l’accesso preferenziale a determinati gruppi nella popolazione; comprendere il contesto sociale di potenziali utenti finali; seguire il più possibile una progettazione centrata sull’utente e una progettazione partecipativa che rifletta le esigenze e le preferenze degli utilizzatori; avere ben presenti di quali infrastrutture tecnologiche c’è bisogno ed eventualmente svilupparne la capacità a livello individuale o di comunità.

3. Considerazioni conclusive

Le terapie digitali, già diffuse in diversi Paesi, rappresentano un’occasione concreta e reale per i Sistemi Sanitari a livello internazionale sotto molteplici punti di vista. Infatti, sono diverse le aziende del settore farmaceutico e dei dispositivi medici, ma anche le start-up, che guardano con particolare interesse alle innovazioni afferenti a questo settore, in grado di aumentare le potenzialità degli strumenti terapeutici e assistenziali attualmente disponibili. 

Inoltre, la potenziale capacità di queste soluzioni di rappresentare un’alternativa ad approcci terapeutici esistenti (basati ad esempio sul farmaco, sul dispositivo medico, o sul rapporto diretto medico-paziente) potrebbe incrementare la propensione del mondo pubblico e privato ad investire in Ricerca&Innovazione anche in quelle aree dove l’innovazione e il ritorno dell’investimento sono più difficili da raggiungere; a tal fine possono essere utili, al posto dei classici indicatori finanziari, parametri come il Ritorno Sociale sull’Investimento (SROI, che è un approccio per la misurazione e rendicontazione secondo un più ampio concetto di valore che ha la finalità di ridurre la diseguaglianza, aumentare il benessere, premiare la sostenibilità integrando nell’analisi i costi e i benefici sociali, economici ed ambientali).

Parliamo quindi di un fenomeno in grado di modificare le scelte strategiche aziendali e permettere ai Sistemi Sanitari una revisione degli attuali strumenti attualmente disponibili per garantire adeguati livelli di salute pubblica.

L’inclusione di queste tecnologie tra quelle disponibili per il cittadino-paziente deve, pertanto, essere uno dei temi prioritari nell’agenda sanitaria dei Paesi europei e dell’Italia. In questo, soprattutto a livello iniziale, come spesso accade, sarà rilevante il supporto e l’integrazione dell’offerta privata rispetto a quella pubblica, quindi il ruolo del terzo pilastro, in grado di generare nuove evidenze per un inserimento graduale delle tecnologie nella pratica pubblica

Non possiamo permetterci, come accaduto nel caso delle CAR-T (che oggi rappresentano una innovazione dirompente in ambito oncologico pur essendo state sperimentate in vivo da quasi un decennio), di ritardare lo sviluppo di un “setting” adeguato al recepimento di queste innovazioni, che ne permetta un riconoscimento sostanziale tra le soluzioni sanitarie disponibili.

È per questo motivo che l’implementazione di iniziative volte alla creazione di un corretto framework legislativo, scientifico e sanitario, insieme alla creazione di un adeguato contesto educativo, partecipativo ed economico, rappresentano i pilastri fondamentali per lo sviluppo e l’accesso delle terapie digitali in Italia.

What is known

• Le terapie digitali (DTx) potrebbero rappresentare per il Paese una nuova opportunità a favore della sostenibilità del SSN, quindi, una soluzione alternativa a procedure e soluzioni terapeutiche più o meno innovative

• Le DTx rappresentano un potenziale incentivo ad investire in aree terapeutiche poco esplorate dall’industria

• Il settore delle DTx trova in Europa e in Italia un contesto industriale adatto a favorirne lo sviluppo.

What is uncertain

• Assenza di una vision da parte delle Istituzioni rispetto al futuro della digital health in Italia

• Assente o scarso coinvolgimento diretto del mondo sanitario (anche attraverso le Società Scientifiche) e dei pazienti esperti nello sviluppo di nuovi prodotti

• Incertezza rispetto alla diffusione delle prime terapie digitali efficaci e approvate in altri Paesi.

What we recommend

• Si raccomanda l’identificazione di Istituzioni, percorsi e processi che possano valorizzare il ruolo delle DTx all’interno del SSN e favorirne l’accesso attraverso la definizione di regole, procedure, ma anche di un assetto normativo adeguato

• Va chiarita una governance che sia in grado di guidare (nel tempo) un vero processo di digitalizzazione omogenea delle strutture sanitarie pubbliche a livello nazionale. In aggiunta, si raccomanda l’adozione di un processo di confronto con tutti gli stakeholder interessati dal settore (imprese, mondo accademico, mondo scientifico, Associazioni e Società Scientifiche, pazienti, cittadini, classe politica e Istituzioni sanitarie di rilevanza a livello nazionale ed europeo) per favorire l’adozione e l’utilizzo delle DTx nel contesto italiano.

Riferimenti bibliografici

1. Ciani O, Federici C, Furnari A, Tarricone R. Esiti di salute e performance del Servizio Sanitario Nazionale In: CERGAS Bocconi (a cura di) Rapporto OASI 2019, Milano, Egea.

2. Organizzazione Mondiale della Sanità. What do you need to know about digital health systems. 2020.

3. Istituto Superiore di Sanità. Rapporto ISS COVID-19 • n. 12/2020, 2020.

4. Assolombarda, Digital Health: Which role for Italian companies. 2019.

5. Commissione Europea, JRC Scientific and Policy Reports. Mapping the European ICT Poles of Excellence: The Atlas of ICT Activity in Europe. 2014.

6. Saini S, Lopane F. La rilevanza della Filiera Life Science in Lombardia: benchmarking tra regioni italiane ed europee. Assolombarda. 2018.

7. Brewer LC, Fortuna KL, Jones C, et al. Back to the future: achieving health equity through health informatics and digital health. JMIR Mhealth Uhealth 2020; 8: e14512.

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