Paziente esperto 3.0 – Paziente (caregiver) esperto in…

Gruppo di Lavoro “Paziente Esperto in…” 2018-2019
Tendenze Nuove n.2 – 2019; 5-17: DOI: 10.32032/TENDENZE201911.PDF

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Il presente documento nasce da due workshop “Paziente Esperto in…” organizzati da Fondazione Smith Kline, il 15 maggio 2018 a Milano e il 19 giugno a Roma e sviluppa, integrandolo, il documento di posizione del Gruppo di Lavoro “Paziente Esperto 2017” realizzato a partire dalla Tavola Rotonda tenutasi il 22 settembre 2016 a Milano (http://expertpatient.cloud/wp-content/uploads/2017/03/Paziente_Esperto_Versione-2_0.pdf).

Gli obiettivi principali del progetto erano raggiungere una de nizione comune e condivisa di paziente esperto e l’individuazione dei principali requisiti di un percorso formativo per i pazienti esperti.

A partire da questo documento gli ulteriori obiettivi/passi saranno:

  • favorire lo sviluppo del ruolo di paziente esperto in Italia
  • realizzare lo sviluppo di un numero rappresentativo di “PazientiEsperti in…” alcune patologie di elevato impatto sociale
  • elaborare un percorso formativo, conoscitivo ed esperienziale, co-mune alle diverse malattie e speci co per alcune di esse
  • sviluppare modalità di certi cazione delle conoscenze e delle espe-rienze del “Paziente esperto”

1. Il Paziente Esperto: Chi?

Secondo quanto riportato nel Documento di posizione del Gruppo di Lavoro “Paziente Esperto 2017”, il termine paziente esperto è stato creato nel 1985 dal prof. David Tucket dell’Università di Cambridge. Secondo Tucket le cure mediche sarebbero più ef caci se i medici riconoscessero i pazienti co- me esperti delle proprie patologie (Fisher 1987, Science Museum senza data).

Il termine è stato successivamente utilizzato nel 1999 e nel 2001 dal Mi- nistro per la salute britannico (Secretary of State for Health, 1999) in documenti volti alla promozione della salute che de nivano i pazienti esperti come “People who have the con dence, skills, information and knowledge to play a central role in the management of life with chronic diseases”.

A questa accezione centrata sul miglioramento della gestione della propria patologia, sono nel tempo state formulate definizioni che considerano paziente esperto chi mette le conoscenze acquisite attraverso l’esperienza diretta della patologia a disposizione della comunità scienti ca, dei pazienti, di altri che possono trarne vantaggio o beneficio (Taranto 2016).

Seguendo questo lone, è stato redatto il documento di posizione delGruppo di Lavoro “Paziente Esperto 2017” e il presente documento che si propone di approfondire ulteriormente il potenziale ruolo di questa nuova figura nel processo di presa in carico.

2. Il “Paziente Esperto in…”: Perché?

La tutela della salute in senso moderno si è sviluppata sul principio della positivista evidence-based medicine che consiste nel ricercare riscontri “oggettivi” in termini di recupero, mantenimento, promozione della salute. Ciò ha costituito un indubbio passo avanti, ma ha portato nel tempo a sottostimare o a trascurare gli aspetti soggettivi che riguardano lo stato di salute.

Di fronte agli indubbi progressi delle conoscenze nel campo della tutela della salute, oggi l’attenzione si sta spostando sempre più verso i soggetti che sono destinatari dei servizi di tutela della salute, i soli che sono in grado di valutare congiuntamente gli aspetti oggettivi e quelli soggettivi del proprio stato di salute. Il medico, l’infermiere, ogni altro operatore della salute può mettere in campo conoscenze, capacità, competenze e può valutarne la qualità misurata con varie metodologie, tecniche e strumenti, ma è il paziente che può aggiungere a questa valutazione la propria percezione dei cambiamenti che le prestazioni e i servizi determinano sul suo “sentirsi più o meno bene”. Questa evoluzione si colloca anche nella de nizione applicata al tema della disabilità secondo il modello bio-socio- psicologico accolto dalla classi cazione ICF (Classi cazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute), secondo cui essa è determinata dalle caratteristiche biologiche e psicologiche dell’individuo e dalle sue relazioni con l’ambiente. Tale definizione si applica anche al più generale tema della salute che è percepita da ogni individuo come relazione equilibrata del proprio corpo e della propria mente con l’ambiente in cui egli vive: famiglia, ambiente scolastico, ambienti sociali, ambiente di lavoro, ambiente di svago, etc.

In questo approccio, che è allo stesso tempo di carattere medico-scientifico, antropologico, sociologico, loso co-religioso, va ridefinito il ruolo del paziente esperto che deve avere conoscenze speci che rispetto alla propria malattia o alla propria condizione di salute (expertise) e che è in grado di mettere in campo il proprio vissuto quotidiano come conseguen- za dei trattamenti ai quali è sottoposto, siano essi di tipo farmacologico, chirurgico, ricostruttivo, riabilitativo (experience)L’insieme di conoscenze (expertise) e di esperienza (experience) può essere attribuito al pa- ziente o al caregiver che è a diretto contatto con alcuni gruppi di pazienti (bambini, persone con disabilità intellettiva, persone con patologie dege- nerative o patologie croniche invalidanti che alterano la percezione della propria condizione).

Il ruolo del “Paziente (caregiver) esperto in…”

Il ruolo del paziente (caregiver) “esperto” si inserisce anche in due filoni teorici che caratterizzano l’economia e in generale la società: quello dell’economia dei servizi, secondo la quale la produzione è intrinsecamen- te collegata al godimento del servizio, e quello della co-produzione, che implica un intervento attivo da parte del destinatario dell’azione. Secondo questi filoni teorici, che hanno immediate e rilevanti implicazioni pratiche, il miglioramento della risposta ai bisogni reali presuppone il passaggio:

• da una logica secondo cui “chi è in possesso delle conoscenze e competenze” (medico, infermiere, altro operatore sanitario o socio-sanitario) è in grado di interpretare la natura dei bisogni sulla base della capacità di indicatori di salute o dell’ascolto del paziente ed è in grado di valutare gli effetti dei propri atti (relazione unidimensionale)

• a una logica secondo cui “chi è in possesso delle conoscenze e com- petenze” (medico, infermiere, altro operatore sanitario o socio-sanitario) e il “paziente (caregiver) esperto” esplicitano il bisogno reale nei suoi ele- menti oggettivi e soggettivi e valutano i risultati oggettivi e soggettivi dei trattamenti, “insieme e interagendo”.

La comprensione e l’accettazione di questo passaggio è il presupposto affinché i professionisti (medici, infermieri, altri operatori sanitari o socio- sanitari), i manager di vario livello delle strutture che erogano servizi (ospedali, ambulatori, aziende sanitarie), coloro che devono decidere le politiche di tutela della salute a livello locale, regionale, statale, sovranazionale (ad esempio UE) considerino il coinvolgimento (involvement), l’assunzione di responsabilità (da compliance engagement), la partecipazione con ruolo attivo e non passivo (empowerment) del paziente o del caregiver:

• non come ulteriore complicazione nel processo di cura

• ma come contributo utile ad aumentare il livello di efficacia dell’assistenza e, non di rado, a migliorare l’ef cienza, a ridurre i costi, favorire la sostenibilità.

Perciò il “paziente (caregiver) esperto” e le associazioni che rappresen- tano i pazienti non devono assumere mai un atteggiamento rivendicativo, ma di critica costruttiva e di collaborazione, che si esprimono tramite la se- gnalazione di ciò che deve e può essere migliorato e proposte concrete su come migliorare.

Il paziente (caregiver) esperto e le associazioni che rappresentano i pazienti conoscono i diritti dei pazienti garantiti dalla normativa di ogni Paese e allo stesso tempo sono consapevoli del fatto che il miglioramento è un processo che tiene conto degli ostacoli (ad esempio nanziari o di strutture obsolete), delle resistenze (che vanno superate), di ostacoli (che devono essere rimossi o aggirati), delle alleanze che è necessario costruire.

Il paziente (caregiver) esperto e le associazioni che rappresentano i pa- zienti sono una preziosa fonte di soluzioni “creative e innovative” che possono nascere da chi vive in una determinata condizione di salute.

Centralità del “Paziente (caregiver) esperto in…”

La presenza di “pazienti (caregiver) esperti in …” è la condizione essenziale per rendere concreto il principio della “centralità del paziente” che è presente in molte normative (nazionali e regionali), dichiarazioni (di organismi internazionali e nazionali), documenti di organizzazioni pubbli- che e private che operano nel campo della tutela della salute.

La “centralità del paziente” richiede che il ruolo del paziente in generale, e non solo di quello quali cato come “esperto in…”:

• diventi parte integrante della formazione formale (nei corsi di laurea), non formale (iniziative di formazione strutturata senza titoli legalmente riconosciuti, ma ad esempio con soli certificati di frequenza), e informale (acquisita sul campo o in gruppi e comitati di studio, progettazione, miglioramento) di medici, infermieri, altri operatori sanitari e socio-sanitari, in generale persone che entrano in contatto con il paziente;

• favorisca la diffusione e il consolidamento di atteggiamenti di “ascolto attento” del paziente, che è qualcosa di più della semplice anamnesi e della descrizione dei sintomi: purtroppo tale atteggiamento con igge con i vincoli di tempo derivanti da un’eccessiva pressione sull’efficienza, la riduzione dei costi, nonché la carenza di personale in molte strutture.

“Centralità del paziente” “atteggiamento di ascolto attento” significano passare da una logica secondo cui “tu (paziente) ascolti me (medico, infermiere, altro operatore sanitario e socio-sanitario) perché io so cosa ti serve” a una logica secondo cui “io (medico, infermiere, etc.) ascolto te (paziente) per capire meglio il tuo bisogno, condividere insieme le migliori risposte, fornirti tutte le informazioni utili e agevolare l’accesso alle cure” (per esempio tramite percorsi di presa in carico). Un passaggio che significa non solo riconoscere le conoscenze e le esperienze di vita del paziente, ma riconoscerne la piena dignità come persona.

L’allungamento della vita, la crescente efficacia dei trattamenti di patologie acute che in passato portavano alla morte, lo sviluppo di conoscenze che consentono di affrontare con successo condizioni di disabilità hanno determinato un’evoluzione verso la prevalenza di condizioni di cronicità e multicronicità. In questo contesto è necessario distinguere le figure di:

• paziente (caregiver) esperto in una specifica patologia

• paziente (caregiver) esperto in condizioni di cronicità o comorbidità, il che aumenta il grado di dif coltà nella de nizione delle conoscenze, competenze, esperienze che esso deve avere per dare un effettivo contributo positivo agli erogatori di servizi assistenziali

• paziente (caregiver) esperto in una patologia rara, poiché queste patologie spesso hanno carattere sistemico e quindi richiedono approcci terapeutici che, oltre ad essere efficaci, tengano conto di una molteplicità di effetti collaterali che possono essere individuati solo nella vita quotidiana.

Sono moltissime le ricerche che correlano la salute a fattori ambientali e più in generale a condizioni di fragilità delle persone determinate da povertà, solitudine, vita in ambienti degradati, disoccupazione, malnutrizione, immigrazione, in generale deprivazione. Perciò oltre alle gure di pazienti (caregiver) “esperti in” occorre pensare anche a gure di “mediatori delle condizioni di fragilità” che aiutino medici, infermieri, altri operatori sanitari o socio-sanitari a individuare l’approccio più efficace per persone in condizioni di fragilità che in genere non è quello astrattamente più efficace sul piano delle evidenze generate dalla sperimentazione clinica e dall’assistenza garantita a persone che non vivono in condizioni di fragilità.

La centralità del paziente deve essere declinata:

• in senso orizzontale, in quanto cultura che deve diffondersi nelle strutture di erogazione di prestazioni e servizi,

e

• in senso verticale, riferito all’intera liera che passa dalla ricerca di base (quella guidata da “curiosità e intuito dei ricercatori”) alla ricerca traslazionale (che ha la finalità di trasferire conoscenze alla pratica clinica), ai modelli assistenziali, al monitoraggio, controllo, valutazione degli esiti di salute.

La presenza di pazienti (caregiver) che hanno interessi, conoscenze, esperienze in ognuna di queste fasi è condizione per innalzare i livelli effettivi di assistenza. Perciò essa deve entrare sempre più frequentemente nei protocolli di ricerca di base (non sono rari gli esempi di ricercatori che hanno sviluppato interessi in campi di ricerca perché motivati da pazienti incontrati nella propria vita), di ricerca traslazionale (in modo da porre quesiti più diretti ed essenziali), assistenziali (per coinvolgere e responsabilizzare i pazienti e gli erogatori di prestazioni e servizi), di monitoraggio, controllo e valutazione (per individuare gli indicatori più signi cativi in termini di condizione di salute realmente percepita dai pazienti).

3. Il “Paziente esperto in…”: Come?

Pro lo di competenze del “Paziente esperto in…”

Dalla tavola rotonda “Paziente Esperto – verso una proposta di una definizione condivisa” tenutasi in data 22 settembre 2016 che ha visto riunirsi un pool di esperti di varia estrazione, Aziende Farmaceutiche, Associazioni di Pazienti, Rappresentanti di Istituzioni per il cittadino ed Accademici e dalla successiva analisi di approfondimento si è ricavato il seguente profilo di competenza del paziente esperto:

Competenze1
1. 
Gestire ef cacemente la propria patologia o aiutare un’altra persona a gestire la propria patologia

2. Informare altri pazienti e/o i loro familiari su come gestire efficacemente una patologia

3. Contribuire al miglioramento dei servizi medici e assistenziali rivolti ai pazienti

4. Contribuire alle attività di associazioni di pazienti

5. Collaborare alla realizzazione di sperimentazioni cliniche relative a farmaci, tecniche e dispositivi medici e alla farmacovigilanza

Il documento di lavoro elencava inoltre per ciascuna delle competenze identificate le relative sotto-attività, la cui individuazione risulta necessaria per la realizzazione del disciplinare richiesto dalla norma ISO/IEC 17024:2012, promossa dall’International Organization for Standardization di Ginevra2, che stabilisce i requisiti per gli organismi che operano nella certificazione delle persone.

Le tabelle di seguito riportate, tratte dal documento di posizione del Gruppo di Lavoro “Paziente Esperto 2017” descrivono le sotto-attività relative a ciascuna competenza:

1. Gestire ef cacemente la propria patologia o aiutare un’altra persona a gestire la propria patologia

A. Interagire attivamente con il proprio medico segnalando ogni effetto delle cure che può essere rilevante per un loro adeguamento

B. Seguire in modo preciso le prescrizioni (compliance)

C. Rilevare con precisione gli effetti delle terapie con riferimento alle principali funzioni quotidiane

D. Mantenere i contatti con altri pazienti per confrontarsi sugli effetti delle terapie

2. Informare altri pazienti e/o i loro familiari su come gestire efficacemente una patologia3

A. Tenersi informati sulle patologie e le terapie dei pazienti con cui si svolge attività

B. Utilizzare i social media e tenere rapporti coi media per diffondere informazioni su patologia, terapia, strategie di fronteggiamento della patologia, stili di vita salutari, strutturazione dei servizi socio-sanitari e dare supporto ai pazienti e/o ai loro familiari, senza mai sostituirsi al consiglio del medico.

C. Svolgere colloqui individuali con pazienti e/o con i loro familiari per condividere informazioni su patologia, terapia, strategie di fronteggiamento della patologia, stili di vita salutari, strutturazione dei servizi socio-sanitari e dare supporto ai pazienti e/o ai loro familiari, senza mai sostituirsi al consiglio del medico.

D. Tenere riunioni con piccoli gruppi di pazienti e/o loro familiari per condividere informazioni su patologia, terapia, strategie di fronteggiamento della patologia, stili di vita salutari, strutturazione dei servizi socio-sanitari e dare supporto ai pazienti e/o ai loro familiari, senza mai sostituirsi al consiglio del medico.

E. Partecipare ad eventi pubblici come testimonial ed esperto

3. Contribuire al miglioramento dei servizi medici e assistenziali rivolti ai pazienti

A. Raccogliere le opinioni di altri pazienti su servizi medici e assistenziali

B. Mettere a punto idee o progetti di miglioramento dei servizi medici e assistenziali

C. Condividere le proprie idee o progetti di miglioramento con altri pazienti

D. Promuovere idee o progetti di miglioramento concordati con altri pazienti presso le autorità mediche e/o i servizi sociali e sanitari

E. Partecipare alla sperimentazione di modelli di assistenza sanitaria e socio-sanitaria

4. Contribuire alle attività di associazioni di pazienti

A. Partecipare alla definizione degli obiettivi e delle strategie di un’associazione e alla loro valutazione

B. Collaborare con altri pazienti ed esperti allo sviluppo e/o diffusione di informazioni e materiali informativi e pubblicitari relativi all’associazione

C. Svolgere per conto di un’associazione attività verso pazienti e pubblico in generale

D. Svolgere per conto di un’associazione attività verso autorità pubbliche, responsabili di servizi sanitari e di assistenza, case farmaceutiche, altri aventi causa

5. Collaborare alla realizzazione di sperimentazioni cliniche relative a farmaci, tecniche e dispositivi medici e alla farmacovigilanza4

A. Tenersi informati sullo stato della ricerca e delle terapie sulle patologie di interesse

B. Collaborare con ricercatori e personale sanitario alla de nizione degli obiettivi e delle modalità di svolgimento delle sperimentazioni

C. Partecipare a comitati etici e commissioni regolatorie in ambito di sperimentazioni cliniche

D. Condividere con altri pazienti informazioni sulle caratteristiche delle sperimentazioni

E. Contribuire alla raccolta di informazioni sugli effetti dei farmaci, tecniche o strumenti sanitari

Il modello proposto per la descrizione delle competenze permette una certi cazione ‘componibile’ vale a dire che ogni paziente può riconoscere e indicare di essere certi cato solo su quelle di interesse speci co o di maggiore expertise e di aggiungerne altre nel tempo. Non esiste cioè un unico paziente esperto certificato, ma tanti diversi pazienti esperti ciascuno dei quali certi cato in una o più competenze.

Il paziente esperto può essere remunerato per il tempo dedicato all’attività di ricerca, di divulgazione o di formazione e per i costi diretti e indiretti sostenuti (Bodini et al., 20185).

Nello svolgimento di queste sotto-attività, il paziente (caregiver) esperto dovrebbe svolgere le seguenti funzioni al ne di contribuire al miglioramento dei servizi:

• Elaborare e proporre modalità con le quali i pazienti si rapportano al proprio medico: infatti non è facile far accettare a professionisti formati con la logica del “tu ascolti quello che ti dico e ti prescrivo” una logica di “io ascolto te e insieme troviamo la risposta giusta ai tuoi bisogni reali”.

• Contribuire a momenti di comunicazione/condivisione/formazione di altri pazienti, anche tramite la partecipazione attiva nella vita delle associazioni, per diffondere la cultura della collaborazione con il sistema di tutela della salute e non di rivendicazione o contrapposizione con esso.

• Contribuire a ristabilire e consolidare il rapporto di ducia tra pazienti ed erogatori dei servizi che in parte è venuto meno nei modelli assistenziali che hanno privilegiato il rapporto anonimo, l’efficienza, la medicina difensiva: ciò è possibile se rimangono chiari il ruolo dell’erogatore di prestazioni e servizi e quello del “paziente (caregiver) esperto in”.

• Partecipare alla costruzione dei protocolli di ricerca di base, ricerca traslazionale, modelli e approcci assistenziali, monitoraggio, controllo e valutazione degli esiti di salute portando non la propria esperienza personale, ma la capacità di interpretare le uniformità e le differenze dei pazienti che si trovano in condizioni di salute simili.

• Diventare stimolo e attivatore di processi di cambiamento dei modelli assistenziali e di approccio al paziente: molte ricerche in campo manageriale e organizzativo evidenziano che le strutture di offerta tendono a irrigidirsi e a riprodurre comportamenti del passato, mentre le esigenze dei pazienti si modi cano con continuità e sono lo stimolo più potente per sostenere l’innovazione e il cambiamento. Perciò sarebbe auspicabile sollecitare la formazione “continua” dei nuovi pazienti e la partecipazione alle attività delle associazioni di pazienti e favorire il ricambio generazionale alla loro guida.

Percorso di apprendimento del “Paziente (caregiver) esperto in…”

Solo raramente il “paziente (caregiver) esperto in…” si forma individualmente, più spesso si forma partecipando alla vita attiva delle associazioni e può trovare spazi se si genererà un “ecosistema” che riconosca il ruolo positivo di queste gure. Un ecosistema che è tale se è in grado di prevenire e combattere forme di “personalismi” non di rado presenti an- che nelle associazioni di pazienti e in generale nel cosiddetto mondo delnon pro t o terzo settore. Il paziente (caregiver) esperto è infatti una per- sona dotata di equilibrio che sa uscire dalla propria condizione e stabili- re relazioni con tanti soggetti diversi. È quindi una persona dotata di em- patia, oltre che di conoscenze ed esperienze.

Il processo per diventare “paziente (caregiver) esperto in…” si articola nelle seguenti fasi:

• L’individuazione dei pazienti (caregiver) canditati a diventare “paziente (caregiver) esperto in…” può avvenire attraverso:

– Segnalazione da parte delle associazioni di pazienti delle persone che hanno dimostrato particolari conoscenze e competenze e che perciò sono potenzialmente idonee a seguire processi formativi speci ci. Nel caso molto frequente di più associazioni di pazienti affetti dalla medesima patologia le segnalazioni possono derivare da ognuna di esse. Anche nel caso di associazioni che hanno storie, finalità e modalità di operare divergenti sarebbe auspicabile che si stabiliscano convergenze nella scelta delle persone più adeguate per attitudini e per disponibilità a formarsi in qualità di pazienti (caregiver) esperti in.

– Autocandidatura da parte di pazienti (caregiver) che, pur non facendo parte di associazioni, hanno dimostrato una particolare capacità di ricerca di informazioni, condivisione di esperienze, individuazioni di centri specializzati, sperimentazione diretta di terapie sotto il controllo di medici.

• Formazione con “percorsi” articolati in diversi stadi e con diversa durata in relazione alla complessità dei contenuti: tipicamente per (i) formazione di altri pazienti e delle associazioni, (ii) coinvolgimento nella de nizione di protocolli assistenziali, (iii) partecipazione alla formazione di medici, infermieri, altri operatori sanitari o socio-assistenziali (universitari o post-universitari), (iv) partecipazione alla de nizione di protocolli di ricerca traslazionale di base, (v) partecipazione a gruppi di esperti di politiche pubbliche a livello regionale, nazionale e internazionale, (vi) attività di advocacy.

• Verifica delle conoscenze, capacità e competenze acquisite da parte di organismi pubblici, indipendenti o misti pubblico-privato qualificati nel campo della certificazione secondo modelli internazionalmente riconosciuti. La quali cazione e la certificazione di “paziente (caregiver) esperto in…” riguarda i tre ambiti: (i) la capacità di gestire al meglio la propria patologia o condizione di salute, (ii) la capacità di trasmettere queste conoscenze e competenze ad altri pazienti, (iii) la capacità di interloquire con le istituzioni pubbliche o private che erogano servizi e con i decisori pubblici che de niscono e attuano politiche a valenza sanitaria e socio-sanitaria. Coloro che vengono segnalati o che si autocandidano a diventare “pazienti (caregiver) esperti in” dovrebbero possedere le seguenti attitudini: potenzialità di apprendimento di conoscenze e competenze, capacità di stabilire relazioni collaborative (ad esempio tramite esercizi di teamworking) e sviluppate doti di leadership. Devono inoltre avere consapevolezza della patologia e degli effetti negativi che hanno sulla stessa la mancata aderenza alle prescrizioni terapeutiche e la non osservanza di un adeguato stile di vita. In ne va valutata la presenza di eventuali con itti di interessi (ad esempio ruoli in aziende produttrici di farmaci o devices, ruoli universitari, etc).

4. Come legittimare la gura del “Paziente (caregiver) esperto in…”

A livello internazionale e anche nazionale esistono varie esperienze che vedono coinvolte gure di “pazienti (caregiver) esperti in..” nei diversi ambiti in precedenza descritti. Tuttavia, non esistono politiche organiche e sistemiche per la legittimazione di questa gura. Si ritiene quindi che, affinché il sistema di tutela della salute riconosca e possa sfruttare le energie e le risorse generate da pazienti (caregiver) esperti in tante patologie, condizioni di cronicità e, in generale, condizioni di vita, sia necessario rafforzare con l’utilizzo delle tecnologie più avanzate oggi disponibili il processo di comunicazione, aumentando la conoscenza e consapevolezza sul tema. La comunicazione deve riguardare tre stadi/obiettivi:

• “Informare” chi prima non sapeva ora conosce le caratteristiche, il ruolo e il contributo positivo di queste figure;

• “Agire sugli atteggiamenti”, per convincere chi era contrario o perplesso a percepire ed apprezzare il contributo politico di tali figure e a diventarne sostenitore o almeno non oppositore;

• “Promuovere il cambiamento”, realizzando iniziative concrete per valorizzare tali gure presso tutti gli stakholders coinvolti nel servizio ai pazienti.

Gruppo di Lavoro “Paziente Esperto in…” 2018-2019

• Assia Andrao – Retina Italia Onlus
• Chiara Andreoli – Fondazione Smith Kline, GlaxoSmithKline SpA
• Monica Barbieri – Fondazione Smith Kline, GlaxoSmithKline SpA
• Elisabetta Barzan – CERGAS Bocconi
• Simona Barbaglia – Associazione Respiriamo Insieme Onlus
• Elio Borgonovi – CERGAS Bocconi
• Salvatore D’Antonio – Associazione Italiana BPCO Onlus
• Lucio Da Ros – Fondazione Smith Kline
• Valeria Fieni – AMIP Onlus, Associazione Malati Ipertensione Polmonare• Antonio Foresi – Pneumologo
• Sandra Frateiacci – FederASMA e ALLERGIE Onlus
• Paola Kruger – EUPATI
• Maria Teresa Lerco – Caregiver
• Gabriella Levato – Mmg e Federazione Italiana Medici di Medicina Generale – FIMMG
• Francesca Marchiori – Gruppo LES italiano

• Maria Luigia Mottes – A.D.P.Mi. Associazione Diabetici, Provinciadi Milano
• Giulio Nati – Società Italiana di Medicina Generale e delle cureprimarie – SIMG
• Maddalena Pelagalli – Associazione nazionale Persone con malattie-Reumatologiche e Rare, APMAR
• Giuseppe Recchia – Fondazione Smith Kline
• Francesca So a – Science Compass e Federazione Italiana Epilessie• Silvia Spazzacampagna – AIP Onlus
• Annamaria Tammone – Associazione Italiana Pazienti BPCO Onlus• Filippo Tesi – FederASMA e ALLERGIE Onlus
• Massimo Vergnano – Argon Global Healthcare


Note

1. La competenza “1” è considerata prerequisito essenziale per la quali ca di paziente esperto; a quella deve inoltre associarsi almeno una delle altre competenze principali. La certi cazione viene concessa a chi dimostra di padroneggiare tutte le relative attività, con l’eccezione spiegata in seguito per la competenza “2”.

2. http://www.iso.org/iso/home/about.htm

3. Tenuto conto della crescente rilevanza della comunicazione tramite social media, è possibile essere certificati su questa competenza dimostrando di padroneggiare solo le attività A e B. In questo caso la descrizione della certificazione farà riferimento ai social media.

4. La certificazione sulla competenza “5” richiede la preliminare frequenza di corsi specialistici sui processi di ricerca e sperimentazione clinica del farmaco.

5. Bodini R, Marvisi M, Andreoli C, et al. Evoluzione dei ruoli del paziente nella ricerca e nella terapia farmacologica. Patient engagement, patient input, expert patient. GIHTAD 2018; 11: 4


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