Lucio Da Ros1, Giuseppe Recchia1, 2, Gualberto Gussoni3
1Fondazione Smith Kline, Verona
2daVinci Digital Therapeutics, Milano
3Dipartimento per la Ricerca Clinica “Centro Studi FADOI”, Milano
Tendenze nuove, Numero Speciale n.01 2021; 8-14: DOI: 10.32032/TENDENZENS20210102.PDF
Cosa sono le terapie digitali
Oramai da qualche anno espressioni come “sanità digitale”, “medicina digitale”, “telemedicina”, “paziente virtuale”, “App per la salute”, “intelligenza artificiale per la medicina”, “software come dispositivi medici” etc. stanno sempre più entrando nel lessico e nel dibattito scientifico. Ciò non appare sorprendente tenuto conto di quanto la digitalizzazione stia profondamente influenzando molti ambiti della vita quotidiana e, anche se ne avremmo volentieri fatto a meno, la pandemia COVID-19 ha drammaticamente amplificato e accelerato queste trasformazioni. E comprensibilmente, in un contesto di emergenza sanitaria, le opportunità offerte dalle soluzioni digitali al mondo della sanità e della salute (es. dematerializzazione delle ricette e dei referti medici, controlli clinici da remoto, tracciamento digitale dei contatti, solo per ricordare gli interventi più noti) sono state oggetto di particolare attenzione da parte delle Autorità e del mondo scientifico.
I termini utilizzati per descrivere questa trasformazione e riferiti all’applicazione delle tecnologie digitali ai processi che interessano salute ed assistenza (Sanità Digitale, Salute Digitale, e-Health ed altri), sono utilizzati come contenitori generici e spesso causano confusione e fraintendimenti. La dimensione della salute digitale non è ancora servita da un lessico standard, e le molte discipline che la compongono sono spesso divise da linguaggi diversi.
All’interno della grande e complessa categoria delle tecnologie digitali per la salute (Digital Health Technologies) vi sono centinaia di migliaia di applicazioni e strumenti con le più diverse finalità, dalla diagnosi al monitoraggio delle condizioni cliniche, al supporto alle decisioni del medico, all’intervento nei confronti della malattia.
L’obiettivo di questo volume è però quello di focalizzare l’attenzione su una specifica categoria di tecnologie digitali per l’ambito sanitario, le cosiddette Terapie Digitali o “Digital Therapeutics” o “DTx”.
Discutendo di terapie digitali, le espressioni più frequenti che si possono sentire sono, quasi paradossalmente, “Ma cosa sono?” oppure “Certo, le conosco, le uso da anni”. In realtà in Italia non c’è nessuna terapia digitale (secondo la definizione che forniremo di seguito) utilizzata per l’uso clinico, pertanto ciò che viene considerato come terapia digitale da chi ritiene di farne utilizzo deve per forza essere qualcos’altro. Che cosa?
In primo luogo, le DTx non vanno confuse con la miriade di tecnologie, sistemi e piattaforme di dominio oramai comune che coinvolgono i consumatori su fini connessi allo stile di vita e al benessere, e che non hanno finalità terapeutiche dirette, né con i software o hardware che permettono di ottenere misurazioni utili per la salute. Forse ancor di più, il concetto di terapia digitale viene spesso ed in maniera sostanzialmente non appropriata attribuito alle applicazioni utilizzate dal paziente e che rientrano in realtà nella definizione di “programmi di supporto al paziente” o “Patient Support Program” (PSP). Si tratta in questo caso di interventi di varia tipologia e di significativa utilità che hanno lo scopo di ottimizzare la terapia (farmacologica o di altro tipo) che il paziente sta utilizzando. Nel caso di PSP digitali, si tratta nella gran parte dei casi di App o Web App che hanno lo scopo di raccogliere dati dal paziente, favorire la comunicazione del paziente con il medico, offrire strumenti di screening o di monitoraggio della progressione della malattia o della terapia, e infine di favorire l’adesione del paziente alla terapia. Spesso questi strumenti non vengono valutati attraverso sperimentazioni cliniche metodologicamente rigorose, un requisito ritenuto invece fondamentale per qualificare una terapia digitale.
Oltre ai PSP, in alcuni casi le terapie digitali vengono anche confuse con le cosiddette “medicine digitali” (“Digital Medicines”), ovvero farmaci con integrato un sensore che, dopo ingestione, viene attivato nel tratto gastroenterico e determina l’invio di un segnale trasmesso alla App installata su di uno smartphone per segnalare l’effettiva assunzione della terapia. Si tratta quindi di strumenti di monitoraggio dell’aderenza alla terapia, non di terapia per sé.
Che cosa intendiamo allora con il termine di “terapia digitale”? Secondo una definizione originariamente proposta da Digital Medicine Society – Digital Therapeutics Alliance e che sta trovando sempre maggiore consenso nella comunità scientifica, nel concetto di terapie digitali rientrano tecnologie che forniscono interventi terapeutici basati su prove di efficacia per prevenire, gestire o trattare un disturbo medico o malattia.
Volendo utilizzare una analogia con il farmaco, possiamo considerare che ogni terapia digitale, che può presentarsi nella forma di una App presente su smartphone o tablet, o per esempio di un videogioco, sia composta da un principio attivo e da uno o più eccipienti. Laddove nella farmacologia classica il principio attivo è rappresentato da una molecola chimica o biologica, nel campo delle terapie digitali il principio attivo è l’algoritmo che rappresenta l’elemento terapeutico responsabile dell’effetto clinico, sia esso positivo (beneficio clinico) che negativo (effetto indesiderato). Rispetto alla progettazione del principio attivo, abbiamo due opzioni principali:
• utilizzare uno strumento già disponibile nella letteratura scientifica (ad esempio una terapia cognitiva comportamentale già consolidata), e in questo caso la terapia digitale diventa una modalità alternativa di erogazione di un trattamento noto
• affidarsi ad un principio attivo creato ex novo, per esempio utilizzando diverse modalità di intervento (esempio terapia cognitiva comportamentale, colloquio motivazionale, psicoeducazione ed altro) fra loro integrati in maniera originale ed elaborati sulla base della esperienza del paziente, del caregiver, del medico specialista e dell’equipe di sviluppo dell’algoritmo.
Come per un farmaco tradizionale, lo scopo dell’eccipiente è quello “dare forma” al principio attivo e favorirne l’assunzione, rendendolo il più possibile biodisponibile (in questo caso “digitalmente biodisponibile”): abbiamo in tal senso moduli per il rewarding del paziente e moduli di gamification (quindi orientati ad inserire aspetti di gratificazione o ludici nella dinamica di interazione con il paziente), promemoria per l’assunzione della terapia digitale e delle terapie complementari, moduli per collegare il paziente con il proprio medico e con altri pazienti con la medesima indicazione terapeutica.
Fra gli eccipienti può altresì essere considerata l’interfaccia utente, che riveste un fondamentale livello di importanza nel condizionare l’accettabilità della terapia, l’aderenza al trattamento e di conseguenza gli esiti terapeutici. È pertanto possibile ipotizzare che il medesimo principio attivo possieda diverso effetto terapeutico a seconda degli eccipienti digitali contenuti nella terapia digitale, che lo possono rendere più o meno “disponibile” al paziente.
Come funzionano le terapie digitali
Ma come funzionano le terapie digitali? Il meccanismo principale tramite il quale queste tecnologie, attraverso l’interazione con il paziente, realizzano il proprio effetto terapeutico, è legato alla correzione di comportamenti disfunzionali che caratterizzano un elevato numero di patologie croniche prevalentemente in ambito neuropsichiatrico (depressione, ansia, dipendenze, insonnia, schizofrenia, autismo, sindrome da deficit di attenzione e iperattività nel bambino etc), ma per esempio anche metabolico (obesità, ipertensione, diabete). Mentre il farmaco interagisce con la biologia del paziente, le terapie digitali interagiscono con i pensieri e i comportamenti di chi le utilizza. In questa prospettiva emerge un’altra caratteristica peculiare delle terapie digitali, cioè il coinvolgimento attivo e partecipativo del paziente e/o del caregiver, che assume rilevanza decisiva per gli esiti del percorso terapeutico. In questo percorso la terapia digitale può agire in maniera autonoma e in modalità standalone, oppure in associazione o combinazione con farmaci o altri metodi attivi sulla patologia/condizione clinica oggetto di cura.
È convinzione di chi scrive che, se è vero che questi trattamenti sono in grado di produrre/determinare un effetto terapeutico, così come succede nel caso dei farmaci, anche le terapie digitali dovrebbero essere sviluppate attraverso sperimentazione clinica, preferibilmente randomizzata e controllata, che consenta di valutarne in maniera rigorosa efficacia e sicurezza. Sulla base dell’aderenza agli standard di validazione tecnica (che può rappresentare la fase “preclinica” dello sviluppo della terapia) e delle evidenze prodotte attraverso la sperimentazione clinica, le terapie digitali dovrebbero ricevere, da parte degli enti regolatori responsabili, un’autorizzazione necessaria per l’utilizzo nella pratica clinica.
La sperimentazione clinica e il percorso regolatorio rappresentano due elementi distintivi fondamentali per prodotti che, a differenza delle innumerevoli “App” per il benessere, liberamente scaricabili dalla rete Internet, intendano avvalersi di un’indicazione che si richiama ad un effetto terapeutico, ed eventualmente beneficiare di un sistema di rimborso da parte dei servizi sanitari nazionali (generalmente giustificato con studi di Health Technology Assessment). La realizzazione di queste condizioni, associate alla prescrizione da parte del Medico (Prescription Digital Therapeutics), può configurare per la terapia digitale una importante “patente” qualitativa che la caratterizza e la valorizza all’interno del variegato mondo della sanità digitale. Ciò senza escludere la possibilità che prodotti digitali con finalità terapeutica, con documentato beneficio clinico e validati da un ente regolatorio, possano essere erogati attraverso il rimborso di pagatori privati (es. le compagnie assicuratrici) e/o proposte al paziente direttamente dal produttore, in analogia con quanto succede per esempio con i farmaci da banco.
Le terapie digitali per l’Italia
Ma perché un volume che riguarda le terapie digitali e intende sottolinearne il potenziale ruolo per un Paese come l’Italia?
Innanzitutto, le terapie digitali non sono una realtà che riguarda il futuro: già diversi Paesi occidentali hanno autorizzato l’uso di terapie digitali, prevedendo in alcuni casi anche i relativi criteri per il rimborso da parte del servizio sanitario. Se i primi due decenni del nostro secolo sono stati caratterizzati dallo sviluppo e dall’introduzione all’uso delle prime terapie avanzate (genica, staminali, cellulare somatica), è verosimile che gli anni ‘20 vedranno la disponibilità in clinica di molte nuove terapie digitali che si proporranno in alternativa, o più verosimilmente in associazione, agli interventi terapeutici consolidati per la gestione di numerose patologie croniche. Si tratta di una importante opportunità terapeutica, che potrebbe contribuire a migliorare significativamente gli esiti di molte malattie e questo rappresenta in prima istanza un motivo di doverosa attenzione. Ma il miglioramento degli esiti comporta plausibilmente anche una riduzione complessiva dei costi sanitari e sociali, favorendo la sostenibilità del sistema sanitario del nostro Paese. Tali effetti sono particolarmente rilevanti perché interessano essenzialmente le patologie croniche, che soprattutto nella realtà sanitaria italiana esprimono il peso relativo nettamente prevalente in termini di costi sostenuti dal Servizio Sanitario Nazionale. Questo è un ulteriore motivo che dovrebbe spingere un Paese come l’Italia a prestare opportuna attenzione alle dinamiche che riguardano lo sviluppo e la “place in therapy” delle terapie digitali, creando le necessarie condizioni organizzative, regolatorie e finanziarie abilitanti. In questo senso, seppur in ritardo rispetto ad altri Paesi, le istituzioni scientifiche e sanitarie nazionali, in particolare l’Istituto Superiore di Sanità e l’Agenzia Italiana del Farmaco, hanno avviato o stanno avviando iniziative che riguardano i percorsi di sviluppo e l’inquadramento regolatorio delle terapie digitali.
Ma le terapie digitali possono rappresentare un’opportunità anche per il sistema produttivo del Paese. L’Italia è purtroppo un Paese in ritardo nella cultura digitale, ma dove sono presenti eccellenze scientifiche e tecnologiche, sia da un punto di vista medico che informatico-ingegneristico. È inoltre tradizionalmente forte nel nostro Paese la vocazione a privilegiare le realtà industriali di piccole-medie dimensioni e ad alto livello di innovazione e creatività (dimensione ad oggi caratteristica del mondo delle terapie digitali, in particolare per quanto riguarda le prime fasi del loro sviluppo). Queste condizioni potrebbero permettere all’Italia di diventare un hub per la ricerca, lo sviluppo e la produzione di terapie digitali, a patto però, come detto, di creare in tempi molto rapidi un ecosistema orientato alla valorizzazione dell’innovazione nel campo della salute digitale. Per lo sviluppo di opportunità industriali innovative è necessario che dai decisori politici venga trasmesso un segnale importante per i pazienti, i professionisti sanitari, l’Accademia e il mondo dell’impresa, sottolineando come le tecnologie digitali siano una componente integrante del futuro immediato della sanità. Elemento centrale di questo processo sarà la capacità di creare o potenziare una infrastruttura che permetta a imprese italiane di impegnarsi nello sviluppo di queste tecnologie, creando valore in termini di know-how, occupazionale ed economico, così come di condividere una strategia per il rimborso e i sistemi di finanziamento, per garantire alle innovazioni digitali una rotta chiara e stabile verso il mercato.
Senza dimenticare che, in virtù di una organizzazione che rimane fra le più apprezzate a livello internazionale e che può vantare numerose realtà di eccellenza, l’Italia può proporsi come un Paese in grado di giocare un ruolo da protagonista per le fasi di sperimentazione clinica di queste tecnologie. È però in tal caso necessario che il sistema di ricerca clinica italiano garantisca percorsi di valutazione e tempi di autorizzazione degli studi il più possibile sburocratizzati e celeri. Contestualmente, dovrebbero essere diffusamente percorribili modalità di conduzione degli studi più moderne, più consone allo sviluppo delle terapie digitali, e che si avvalgano della tecnologia per la raccolta e il controllo di qualità dei dati necessari a produrre le adeguate evidenze sull’efficacia e per il monitoraggio della sicurezza.
Sulla base di tali presupposti, e per favorire la realizzazione di questi obiettivi, Fondazione Smith Kline ha promosso lo sviluppo del progetto “Terapie Digitali per l’Italia – #DTxITA”, che ha coinvolto una quarantina di Esperti provenienti dal mondo clinico, accademico, regolatorio, medico-legale, industriale e dell’economia sanitaria, insieme ad una rappresentanza delle Associazioni dei Pazienti.
Questo Gruppo di Esperti ha identificato come obiettivo iniziale l’elaborazione del presente volume monografico, che intende rappresentare un riferimento aggiornato sull’argomento, uno strumento di diffusione della conoscenza e di sensibilizzazione, e uno stimolo alla discussione per le Istituzioni e per le componenti scientifiche e sociali.
Questo volume contiene una collana di articoli che affrontano un ampio ventaglio di temi che determineranno il futuro delle terapie digitali, in particolare nel nostro Paese:
• Aspetti regolatori
• Validazione tecnica e sviluppo clinico
• Privacy e cybersecurity
• Modalità di accesso/rimborsabilità in Italia, anche alla luce dell’esperienza di altri Paesi
• Condizioni organizzative abilitanti per le terapie digitali
• La posizione di Società Scientifiche e Associazioni di Pazienti e Familiari
• Il Paziente, la sanità digitale e le terapie digitali.
Nel percorso di definizione dei contenuti del presente documento, oltre al confronto interno fra gli Esperti, il Gruppo di Lavoro ha promosso e realizzato incontri a livello delle Istituzioni, ma anche confronti con il mondo dell’Impresa (start-up per sviluppo di tecnologie digitali applicate alla salute, aziende farmaceutiche e dei dispositivi, compagnie di assicurazione etc), con le Associazioni dei Pazienti e con le principali Società Scientifiche italiane.
L’ambizione del progetto è di sollecitare il nostro Paese, di lunga tradizione e riconosciute altissime competenze medico-scientifiche, a non lasciarsi sfuggire un’opportunità in cui il fattore tempo è, forse ancor più che in altri ambiti, determinante. È quindi necessario fare, fare bene, e fare presto.
Ci auguriamo che gli obiettivi di sistema (e relativi investimenti) dichiarati dalle Autorità internazionali e nazionali a seguito della pandemia COVID-19 impongano una sintesi, fino ad ora mai realizzatasi, fra le dimensioni della salute, della ricerca e dell’innovazione digitale: sintesi che necessita di conoscenza delle problematiche e strategie di gestione.
L’auspicio è che questo testo possa portare, anche in tal senso, un utile contributo.