Garantire un’assistenza sicura ed efficiente nella Post Anesthesia Care Unit (PACU) tramite il Certified Registered Nurse Anesthetist (CRNA)

Gennaro Laus
IRCCS Centro di Riferimento Oncologico di Basilicata, Rionero in Vulture

Tendenze nuove, n.01 2021; 13-22: DOI: 10.32032/20210106.PDF

Introduzione

La Post Anesthesia Care Unit (PACU) o Recovery Room (RR), è l’area del complesso operatorio dove viene gestito il risveglio del paziente nel post operatorio attraverso la monitorizzazione, l’osservazione e la stabilizzazione prima della dimissione verso l’Unità Operativa di degenza o, in caso contrario, verso il reparto di Terapia Intensiva. Al suo interno infermieri e anestesisti dedicati esercitano le funzioni di assistenza post anestesiologica. L’assistenza post anestesiologica è divisa in due fasi1. La prima fase è caratterizzata da un’assistenza infermieristica intensiva, fondamentale per la sicurezza di un paziente che ha subito una procedura chirurgica e anestesiologica (gli effetti residui dei farmaci espongono il paziente al rischio di eventi avversi), a causa del quale si determinano alterazioni delle funzioni fisiologiche che si estendono al post operatorio2. Il paziente viene sottoposto a una valutazione clinica globale, al monitoraggio continuo dei parametri e delle funzionalità vitali, alla sorveglianza dello stato di coscienza, alla somministrazione di terapia infusionale e di eventuali farmaci. La seconda fase è caratterizzata da un’assistenza continua, perciò i pazienti, attraverso l’accertamento clinico e l’educazione sanitaria, vengono preparati per la dimissione all’Unità Operativa. La sua durata e complessità variano in base alla tipologia di intervento, alle tecniche anestesiologiche utilizzate (se ha subito una anestesia generale, può presentarsi con attività motorie e psicosensoriali limitate o alterate, delirante, dolorante ed eventualmente dotato di dispositivi medico chirurgici come sondino nasogastrico, drenaggi, cateteri venosi e catetere vescicale) e alla presenza di eventuali complicazioni per il paziente. Soltanto quando le condizioni cliniche del paziente vengono stabilizzate (grado di coscienza senza stimolazione eccessiva, risposta agli stimoli esterni in modo corretto, mantenimento della autonoma pervietà delle vie aeree, saturazione dell’ossigeno nella norma, pressione arteriosa stabile, buon controllo del dolore, assenza di nausea e vomito, attività motoria e forza muscolare recuperati) può essere organizzata la dimissione all’Unità Operativa di degenza o il trasferimento in Terapia Intensiva qualora vi siano state complicazioni richiedenti una sorveglianza e/o un trattamento più specifico. Al fine di valutare e verificare le condizioni del paziente per la dimissione vengono utilizzate scale a punteggio che documentano la raggiunta stabilizzazione (con la Scala di Aldrete c’è una valutazione all’ingresso nella PACU e in seguito ogni 15 minuti attraverso cinque paramenti quali l’attività, il respiro, il circolo, la coscienza e il colore3. Il trasferimento in reparto di degenza avviene con un punteggio totale minimo di 8 in due valutazioni successive e in assenza di punteggio uguale a 0 per le singole voci).

Obiettivo

Abbiamo condotto uno studio con l’intento di analizzare il tipo di assistenza ai pazienti sottoposti a interventi di Chirurgia Generale, Plastica, Senologica, Toracica, Urologica e Ginecologica per tutto il periodo di permanenza all’interno dell’Unità di Cure Post Anestesiologiche (PACU), quindi a partire dall’immediato periodo post operatorio. L’obiettivo è dimostrare il ruolo determinante svolto dalla PACU e dalla figura dell’infermiere di anestesia (Certified Registered Nurse Anesthetist – CRNA) nel migliorare l’outcome dei pazienti, grazie alla permanenza dei pazienti nella PACU fino alla completa stabilizzazione dei parametri emodinamici e respiratori. La diffusione delle PACU è una realtà consolidata soltanto negli Stati Uniti e nei Paesi del Nord Europa, basti pensare che negli Stati Uniti, Canada e Francia sono regolati da leggi, e la loro presenza, con personale infermierisco addetto all’assistenza, è ritenuta indispensabile in seguito a qualsiasi tipo di intervento. Negli Stati Uniti e in Corea del Sud si parla dell’infermiere di anestesia come figura professionale autonoma e altamente specializzata4, 5 che assicura elevati standard assistenziali e coordina il recupero del paziente nella fase post operatoria attraverso varie fasi del risveglio6. Paesi Bassi, Irlanda, Svizzera e Australia hanno attivato una specializzazione per gli infermieri di perianestesia7. Un tipo di formazione che si basa sul concetto di governo clinico, inteso come un insieme di comportamenti, di responsabilità e azioni che l’organizzazione e i professionisti si danno per migliorare lo standard della pratica clinica, garantendo il miglioramento dei servizi erogati e la salvaguardia degli standard assistenziali. Al suo interno si inserisce la definizione di Best Performance, intesa come integrazione tra una corretta gestione clinica e un’accurata gestione organizzativa8. L’infermiere di anestesia diventa responsabile dell’organizzazione della PACU (logistica, presidi medico farmaceutici, flusso pazienti), della sorveglianza e dell’assistenza9, 10. La sorveglianza riguarda lo stato di coscienza, la valutazione continua della pervietà delle vie aeree11, la funzionalità respiratoria, la stabilità cardiovascolare, il dolore (valutato attraverso la scala NRS Numeric Rating Scale, scala numerica da 0 a 10 dove il valore 0 indica dolore assente, 1-3 dolore lieve, 4-7 dolore moderato, 8-10 dolore severo), la temperatura corporea, la diuresi, la forza neuromuscolare (stringere la mano, alzare la testa e muovere gli arti), gli accessi vascolari e le eventuali perdite ematiche12. La gestione del dolore post operatorio acuto e lo stato di analgesia rappresenta per l’équipe infermieristica e anestesiologica un obiettivo primario: deve essere valutato e trattato quanto più precocemente possibile per evitare effetti indesiderati o influire sul recupero, se non controllato o controllato in modo inadeguato13. Un’attenta pianificazione riduce il dolore, migliora la sua gestione e la soddisfazione del paziente facilitando soggiorni più brevi all’interno della PACU14. All’infermiere di anestesia spetta sia il management del paziente sia la prevenzione e gestione delle possibili complicanze post operatorie (nausea e vomito, ipossiemia e ipercapnia, ipotensione e ipertensione, shock, emorragia e aritmia) in collaborazione con l’anestesista. Inoltre offre supporto psicologico, cerca di alleviare le paure, le preoccupazioni e un’eventuale agitazione da post anestesia che potrebbe provocare autolesionismo e violenza contro lo stesso personale, con conseguente maggiore utilizzo delle risorse15. Al contrario degli Stati Uniti e dei paesi del Nord Europa, in Italia non esistono direttive di legge specifiche né per stabilire l’organizzazione né per regolarne la presenza delle PACU, infatti la maggioranza degli ospedali italiani ne è priva, nonostante si imponga in maniera sempre più evidente come luogo di cure avanzate per il paziente nel post operatorio. In assenza di norme specifiche anche la diffusione e il riconoscimento del CRNA incontrano ancora molti dubbi (anche se le conoscenze e le competenze richieste appartengono a un profilo specialistico). Le raccomandazioni SIAARTI indicano un rapporto infermiere/paziente minimo pari a 1:4 per non pregiudicare la sicurezza durante la delicata fase di recupero dall’anestesia16, in caso di pazienti critici il rapporto può essere 1:2 fino ad arrivare a 2 infermieri per 1 paziente in caso di particolare gravità. In assenza di leggi, la dotazione organica è definita dalle Direzioni Sanitarie, che indicano genericamente che nel blocco operatorio la dotazione minima di personale medico e infermieristico deve essere rapportata alla tipologia e al volume degli interventi chirurgici17. In altre parole, le risorse umane dedicate alla PACU devono essere correlate al numero e al tipo di interventi effettuati.

Metodo

È stato condotto uno studio osservazionale descrittivo di pazienti sottoposti a intervento chirurgico all’IRCCS CROB di Rionero in Vulture (Potenza) dal 1 marzo 2020 al 28 febbraio 2021. Sono stati inclusi nello studio i pazienti del dipartimento chirurgico ricoverati in regime ordinario, sottoposti ad anestesia generale (paziente addormentato e anestetizzato completamente, dunque non cosciente nel corso dell’intervento) e dimessi all’Unità Operativa di degenza. Sono stati esclusi dallo studio i pazienti ricoverati in regime ordinario sottoposti ad anestesia generale ma trasferiti in Terapia Intensiva, i pazienti sottoposti a sedazione e/o ad anestesia locoregionale (anestetizzata soltanto la zona da sottoporre all’operazione) e i Day Surgery. Sono stati acquisiti dalle cartelle anestesiologiche dati riguardanti il tempo di permanenza nella PACU, il valore NRS, l’eventuale terapia antalgica somministrata e il tipo di ventilazione riscontrata per singolo paziente. Successivamente è stata eseguita, a livello dell’intero dipartimento chirurgico, prima una media riguardante il tempo di permanenza, la sorveglianza e l’assistenza post anestesiologica dall’ingresso nella PACU fino alla stabilizzazione e conseguente dimissione all’Unità Operativa di degenza, dopo una stima percentuale sulla necessità di somministrare terapia antalgica con valori di NRS >3, in seguito una stima percentuale sulla necessità di supporto di ossigenoterapia con maschera Venturi o di supporto ventilatorio (assistita quando il ventilatore si adegua in maniera sincrona alla ventilazione autonoma del paziente o controllata quando il ventilatore lavora in maniera indipendente all’attività respiratoria del paziente). Infine è stato eseguito un confronto tra le diverse branche chirurgiche.

Risultati

Dall’analisi dei dati rilevati emerge che i pazienti sottoposti a intervento chirurgico sono stati 975, di cui 606 ricoverati in regime ordinario e 369 in Day Surgery (tabella 1). 247 pazienti dei 606 sono rientrati nei criteri di inclusione proposti, trattati con anestesia generale (AG), invece sono stati esclusi 349 pazienti trattati con sedazione e/o anestesia locoregionale (ALR) e 10 pazienti che sono stati trasferiti in Terapia Intensiva.

I risultati ottenuti sono stati riportati e utilizzati per un confronto tra le diverse branche chirurgiche: Chirurgia Generale, Chirurgia Plastica, Chirurgia Senologica, Chirurgia Toracica, Chirurgia Urologica e Ginecologia Oncologica. Il tempo medio di permanenza dei pazienti nella PACU è stato di 44 minuti, analizzando tale parametro per le diverse branche chirurgiche le tempistiche medie di soggiorno nella PACU sono state di: 43 minuti per gli interventi di Chirurgia Generale; 33 minuti per gli interventi di Chirurgia Plastica; 45 minuti per gli interventi di Chirurgia Senologica; 62 minuti per gli interventi di Chirurgia Toracica (tabella 2). Dei 247 pazienti affluiti nella PACU dopo anestesia generale, per il 21% (n=52) è stata necessaria la somministrazione di morfina cloridrato 1 mg/ml e/o paracetamolo 10 mg/ml 100 ml nella PACU (tabella 3), in accordo con quanto stabilito dai protocolli di terapia antalgica post operatoria (NRS>3). Più precisamente questo 21% è risultato così composto: il 67% (n=35) a seguito di un intervento di Chirurgia Generale; l’8% (n=4) dopo un intervento di Chirurgia Plastica; il 10% (n=5) a seguito di un intervento di Chirurgia Senologica e infine il 16% (n=8) dopo un intervento di Chirurgia Toracica.

Per quanto concerne il tipo di ventilazione per il 25% (n=61) è stata necessaria la somministrazione di ossigenoterapia con maschera Venturi o supporto ventilatorio assistito/controllato (tabella 4). Più precisamente il 24% (n=22) a seguito di un intervento di Chirurgia Generale; il 13% (n=8) dopo un intervento di Chirurgia Plastica; l’11% (n=6) a seguito di un intervento di Chirurgia Senologica e infine il 66% (n=25) dopo un intervento di Chirurgia Toracica.

Discussione

I risultati di questo studio confermano quanto riportato dalla letteratura esistente: il passaggio nella PACU di tutti i pazienti sottoposti a intervento chirurgico permette il ripristino dell’omeostasi sotto stretto monitoraggio strumentale e infermieristico anestesiologico. Questo consente un ritorno presso l’Unità Operativa di degenza nelle migliori condizioni cliniche: controllo funzione cardiovascolare e respiratoria, controllo del dolore, controllo evoluzione chirurgica e/o eventuali complicanze insorte precocemente. I risultati dimostrano la maggiore necessità dell‘unità infermieristica di cure post anestesiologiche correlata alla tipologia e alla complessità dell’intervento chirurgico. Il tipo d’intervento effettuato e la sua complessità giocano un ruolo fondamentale nel post operatorio. Infatti i risultati mettono in luce come i valori di assistenza e sorveglianza aumentino con i pazienti sottoposti a Chirurgia Toracica e Chirurgia Generale, considerate le branche chirurgiche a media e alta complessità. L’introduzione del Certified Registered Nurse Anesthetist (CRNA) risulterebbe funzionale ad assistere il paziente nell’immediato post operatorio fino alla dimissione all’Unità Operativa di appartenenza, permetterebbe di gestire adeguatamente il risveglio (che richiede un monitoraggio periodico) eseguendo in sicurezza attività di pertinenza infermieristica anestesiologiche essenziali per la valutazione del paziente e la prevenzione e il trattamento delle complicanze, punterebbe a garantire una gestione e un’assistenza ad hoc del paziente nel post operatorio fornendo cure infermieristiche sicure ed efficienti.
Attenendoci alle linee guida italiane l’obiettivo che la sanità deve proporsi è quello di un’assistenza sempre di maggiore qualità e professionalità basata sulla programmazione di un percorso clinico valido e codificato. Negli ultimi anni però si è assistito ad una riduzione drastica del numero di infermieri di anestesia nelle aziende ospedaliere, quindi avere personale dedicato esclusivamente all’anestesia nella PACU è diventato raro, infatti vengono formati infermieri polivalenti. Se da un lato questa strategia può favorire la multidisciplinarità dell’équipe, dall’altro priva l’équipe stessa di personale altamente specializzato che fa la differenza nelle situazioni difficili e nella gestione di pazienti critici. Sono auspicabili ulteriori studi al fine di confermare la sua introduzione sia a livello locale sia a livello nazionale seguendo il modello americano.

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