La Scienza dell’implementazione in medicina, come diffondere e applicare i risultati della ricerca clinica nella pratica quotidiana: la gestione di recenti pandemie

Giovanni Cenderello1, Giuliano Rizzardini 2
1Direttore SC Malattie Infettive ASL-1 Imperiese- Sanremo
2Direttore Dipartimento Malattie infettive, Ospedale Luigi Sacco – Milano
Tendenze nuove, Numero Speciale 3 2021; 27-44: DOI: 10.32032/TENDENZENUOVENS03202102.PDF

Introduzione

Nel giugno del 2008, in un editoriale sul New England Journal of Medicine, Wright si domandava “Se il mondo fosse realmente pronto per la prossima pandemia influenzale”1. L’articolo era mirato ad evidenziare le difficoltà incontrate negli anni precedenti per lo sviluppo di un vaccino efficace nei confronti dell’influenza aviaria H5N1. In quell’articolo in particolare veniva evidenziata la difficoltà nell’utilizzo delle uova di pollo come base per la produzione della proteina influenzale e delle emazie di pollo o tacchino quale bersaglio per valutare l’efficacia del medesimo. Dieci anni più tardi Oppenheim e Gallivan2hanno testato l’ ”Epidemic Preparedness Index” che valutava la capacità delle diverse nazioni di rispondere ad una epidemia. Questo indice valuta:
i) le strutture sanitarie (sorveglianza, urbanizzazione, forza lavoro sanitaria, capacità ospedaliera e coordinamento);
ii) le strutture fisiche (acqua e sanificazione, strade, telefonia, internet, logistica):
iii) la capacità istituzionale (stabilità politica, corruzione, efficacia burocratica, presenza di conflitti armati, omicidi, presenza di registro anagrafico);
iv) le risorse economiche. 

L’indice è stato applicato a 188 paesi nel mondo rivelando che solo America del Nord ed Europa presentavano la capacità di rispondere in maniera efficace ad una pandemia. Problemi maggiori venivano segnalati in Asia ed Africa. 

Dopo neanche 12 mesi dalla pubblicazione, questi risultati sono stati sconfessati dalla realtà, poiché la pandemia COVID-19 ha evidenziato le lacune presenti pressoché ovunque nel mondo. Al 25 maggio del 2021 le infezioni da SARS-COV-2 ammontavano a 167.416.621 e i decessi a 3.475.8883, di cui oltre 125.000 solo in Italia. Questa epidemia ha così dimostrato che anche le nazioni più “evolute” non avevano rispettato i dettami della politica WHO indicata nel documento del 2009 a cura del Global Influenza Programme intitolato “Pandemic Influenza Preparedness and Response”4.

In particolare, non erano state preparate le misure da mettere in atto per far fronte ad una escalation dei servizi sanitari (formazione personale, rifornimenti DPI, forniture di materiale essenziale per il supporto respiratorio). 

L’uso dell’Implementation Science (IS) in questo contesto sarebbe servito a programmare gli interventi, trasferire agli operatori le conoscenze tecniche e scientifiche utili per gestire in sicurezza la pandemia e limitare la diffusione dell’infezione nella popolazione e tra gli operatori sanitari.

Ma i Dipartimenti di Malattie Infettive non conoscono solamente questa pandemia. Da decenni affrontano un’ altra pandemia che nel secolo scorso ha causato oltre 33 milioni di morti, e oggi interessa ancora 38 milioni di persone: l’infezione da HIV5. Oggi i pazienti in terapia antiretrovirale di combinazione (cART) e con carica virale (HIV-RNA) negativa da almeno 6 mesi non sono in grado di trasmettere l’infezione; il raggiungimento degli obiettivi definiti dal WHO del 90-90-90 (diagnosticare il 90% degli affetti, prendere in carico in centri specialistici almeno il 90% dei pazienti, e in almeno il 90% di questi ottenere la soppressione della carica virale) diviene cruciale per fermare l’epidemia. Raggiungere i casi non diagnosticati (il così detto “sommerso”), per farli emergere e applicare una strategia di Treatment as prevention (TASP) in accordo con le raccomandazioni delle principali società scientifiche internazionali6,7, permetterebbe di limitare la catena di trasmissione.

Il nostro lavoro cercherà di declinare e dettagliare i punti in cui l’IS potrebbe essere d’ausilio all’infettivologo nella sua battaglia quotidiana nei confronti delle pandemie come COVID-19 e HIV.

Implementation Science e SARS-COV-2: cosa avremmo dovuto fare e cosa dovremmo fare

Nel 2004 Anderson et al.8 in un numero speciale dei proceedings della Royal Society intitolata “Emerging Infections what have we learnt from SARS?” definivano 5 punti fondamentali per controllare un’infezione emergente:

1. identificazione del nuovo agente; 

2. sviluppo di metodiche diagnostiche specifiche per eseguire la diagnosi; 

3 .sviluppo di protocolli per ridurre morbilità e mortalità;

4. stima dei fattori epidemiologici chiave;

5. implementazione di interventi di sanità di pubblica specifici per contenere la diffusione dell’infezione.

Nel medesimo lavoro gli autori evidenziavano la necessità di essere pronti a rispondere a un’infezione simile a SARS, ma che fosse contagiosa già in fase pre-sintomatica o addirittura in assenza di sintomi, poiché tale agente virale avrebbe rappresentato la vera sfida per la sanità pubblica mondiale. 

Il 31 dicembre 2019 le autorità cinesi comunicavano la comparsa di un cluster di polmoniti di origine virale causate da un agente sconosciuto nell’area di Wuhan, provincia di Hubey; il 24 gennaio 2020 in Europa veniva descritto il primo caso e veniva già eseguita la prima diagnosi in PCR9.

I primi due requisiti dettati da Anderson nel 2004 erano stati soddisfatti: si era infatti già riusciti ad identificare l’agente e a produrre un kit diagnostico in tempi rapidi atto a porre la diagnosi. I protocolli terapeutici per ridurre mortalità e morbilità si sono poi succeduti a velocità rapidissima prendendo in esame differenti molecole: idrossiclorochina con o senza azitromicina10, immunomodulanti11, antivirali12, steroidi13ed eparina. 

Alcuni farmaci sono stati esclusi per inefficacia (idrossiclorochina, inibitori delle proteasi), tocilizumab11, tossicità (idrossiclorochina)14e solamente tre molecole entro l’estate del 2020 sono rimaste quali caposaldo della terapia:

• remdesivir15

• desametasone13

• eparina a basso peso molecolare16, 17.

Quindi possiamo considerare che anche il terzo punto fondamentale sia stato rispettato, come del resto la descrizione degli elementi epidemiologici chiave dell’infezione18. Va detto che durante l’epidemia di coronavirus si è consolidata una nuova cultura di reporting e comunicazione di ricerche e studi scientifici. Date le circostanze, un rapido scambio di informazioni ed evidenze, per esempio attraverso manoscritti in preprint, si è rivelato essenziale per caratterizzare meglio il modello di trasmissione del virus, il suo profilo virologico, il periodo di incubazione, la presentazione clinica dei pazienti COVID-19 e prove affidabili sulla sicurezza e l’efficacia degli interventi messi in atto19. Tutto questo ha contribuito ad accelerare lo sviluppo di nuovi sistemi diagnostici, dispositivi e vaccini, a informare il processo decisionale con le ultime evidenze complete disponibili e, in definitiva, a salvare vite umane nella lotta contro il COVID-19.

Il principale elemento non soddisfatto è stato la mancanza di un programma coordinato per gli interventi di sanità pubblica, inteso come contact tracing e altri interventi sulla popolazione per ridurre i contatti, o misure di protezione degli operatori sanitari oltreché dei pazienti non affetti dalla patologia pandemica. Tutti questi elementi erano già stati definiti e dettagliati nel documento WHO 20084 perché supportati da abbondante produzione scientifica; ma nessuna nazione al mondo aveva implementato e preparato tali misure. 

Il ruolo chiave dell’IS sarebbe stato quello di indicare le strategie più adatte a mettere in atto quelle misure raccomandate: invece né i medici, né i decisori politici né tantomeno le Agenzie nazionali hanno preparato quelle misure che sarebbero state necessarie per controllare l’avvento della pandemia. Nessun sistema efficace dicontact tracing era stato predisposto, nessun software adatto a tale scopo né una rete integrata ospedale-territorio era state definita per gestire una patologia altamente contagiosa o per poter gestire al loro domicilio pazienti non gravi. Inoltre, il personale ospedaliero non aveva mai messo in pratica percorsi e operazioni di vestizione e svestizione per la corretta gestione dei DPI e tali procedure erano rimaste solo teoria, scritte sui protocolli e mai simulate. 

Applicazione dell’IS nella prevenzione delle epidemie

La miglior strategia utilizzabile nel contesto appena citato potrebbe essere rappresentata da uno studio esplorativo mirato ad evidenziare i motivi che non hanno permesso l’applicazione delle strategie per la prevenzione delle pandemie già dettata dal WHO.

In particolare riteniamo che l’utilizzo di un framework Exploration-Preparation-Implementantion-Sustainment (EPIS)20, articolandosi su quattro fasi (Esplorazione, Pianificazione, Implementazione, Sostegno) e richiedendo la valutazione di fattori afferenti a quattro dimensioni (contesto interno, contesto esterno, fattori di collegamento, fattori di innovazione) e alle loro inter-correlazioni può permettere di chiarire come strutturare gli interventi futuri.

Esplorazione

Le condizioni epidemiologiche attuali descrivono bene quale sarebbe stato il bisogno della società italiana o europea in questa circostanza: aver preparato ed implementato un “pacchetto” di attività (bundle) per la gestione di un’infezione emergente trasmissibile per via aerea, che potremmo definire “bundle-pandemico” (tabella 1); tale bundle avrebbe dovuto comprendere differenti elementi:

• una rete internazionale per la rapida caratterizzazione dell’infezione e trasmissione dati;

• un sistema di task force nazionale per la gestione pandemica;

• una rete regionale per il coordinamento e la rapida integrazione tra ospedale e territorio in caso di ricovero, notifica e contact tracing;

• un riferimento di percorsi definiti e simulati all’interno delle singole realtà ospedaliere per la gestione dei casi sospetti;

• la presenza di personale correttamente formato e certificato per l’utilizzo dei DPI in particolare per l’uso dei respiratori FPP2 ed FPP3 (fit test)21.

I fattori che hanno impedito l’implementazione di queste misure possono essere valutati dai seguenti punti di vista:

Contesto esterno

Il sotto-finanziamento del settore prevenzione, che in Italia rappresenta solamente il 5% della spesa sanitaria globale, secondo il rapporto OASI di CERGAS Bocconi22 è verosimilmente il principale responsabile del livello di bassa preparazione del SSN all’evento pandemico. Inoltre, la costante riduzione dei fondi alla Sanità23 con il parziale smantellamento dei dipartimenti di prevenzione24 e delle strutture di Malattie Infettive25, in ottemperanza al Decreto Ministeriale 02 Aprile 2015, hanno rappresentato un ulteriore elemento esterno che ha limitato la messa in opera di quelle strategie preventive e la diminuzione della cultura necessaria per contrastare una pandemia. Inoltre, oltre all’aspetto finanziario, c’è un elemento culturale: l’errata convinzione di aver sconfitto le malattie infettive e di averle relegate al secolo scorso, ha reso ancora più difficile sviluppare politiche nel rispetto delle politiche “One Health”26. Il piano pandemico nazionale del 2006, redatto dal Ministero della Salute27 e in vigore fino all’approvazione ufficiale del piano pandemico 2021-2023, definiva con precisione le diverse fasi e le azioni da intraprendere e soprattutto istituiva un percorso specifico di formazione per gli operatori; in realtà le raccomandazioni di principale interesse non sono state implementate. Pertanto, a livello politico-sociale non è stata colta l’importanza del pianificare e mettere in atto tutte quelle misure che avrebbero potuto mitigare l’impatto di un’infezione a trasmissione respiratoria. Inoltre la protezione della privacy e l’applicazione dei dati personali in conformità al regolamento Europeo 679/201628 hanno rappresentato un ostacolo importante ad esempio allo sviluppo di metodiche di contact tracing.

Oltre a questo, limiti che pertengono settori diversi da quello sanitario, hanno avuto un ruolo importante. Per esempio, la pesante razionalizzazione realizzata nei sistemi di trasporto pubblico ha facilitato l’affollamento dei mezzi pubblici che ha rappresentato uno dei principali mezzi di diffusione in Italia29.

Contesto interno

Barriere all’implementazione del “bundle pandemico”, interne all’organizzazione del servizio sanitario nazionale, sono state rappresentate dal ridotto numero di medici ed infermieri assegnati alle strutture30 che avrebbero dovuto essere la guida nella risposta pandemica (Malattie Infettive e Dipartimenti di Prevenzione) e dalla scarsa attenzione rivolta anche dai pochi specialisti in Malattie Infettive ed Igiene al tema delle pandemie influenzali che non ha mai rappresentato un filone di ricerca particolarmente prolifico31. Si aggiunge la mancanza di interesse da parte delle organizzazioni aziendali (direzioni strategiche) che non hanno mai considerato l’ipotesi pandemia quale realistica e meritevole di particolari risorse, formazione e attività.

Dall’altro lato, alcuni dei principali fattori facilitatori non sono stati sufficientemente valorizzati per la messa in atto e la diffusione delle best practicesraccomandate. Sicuramente l’esistenza di reparti di degenza edificati con i fondi della legge 135/90 con filtri Highly Efficiency Particulate Air Filter (HEPA) a 6 ricambi aria, ha rappresentato uno dei punti di forza della risposta alla pandemia da COVID-1932, come del resto la presenza di personale addestrato per la gestione della TB multi-resistente, formato nell’ambito di training del WHO33 in alcune di queste strutture, ha permesso poi di formare in maniera rapida il resto del personale sanitario. Così come la diffusione della cultura del lavaggio delle mani secondo i 5 passi del WHO, nata per contrastare le infezioni da batteri Multi Drug Resistant, ha rappresentato la base da cui partire per l’igienizzazione delle mani con gel idroalcolici34.

All’interno del servizio sanitario nazionale, la rete costituita dalle SC di Malattie Infettive ha inoltre beneficiato di personale medico ed infermieristico formato nel tempo ad applicare rapidamente sul campo le conoscenze acquisite a livello scientifico nell’affrontare il dilagare dell’infezione da HIV dalla fine degli anni novanta ad oggi35, 36.

Fattori di collegamento

Una recente sentenza della Corte Costituzionale ha chiarito che la gestione delle politiche per affrontare la pandemia rientra nella materia “profilassi internazionale” e non in quella della “tutela della salute”. Questo significa che, in base all’articolo 117 della nostra Costituzione, si tratta di una materia di competenza esclusiva dello stato centrale e non di una materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni. Da questo punto di vista, i due attori principali per il funzionamento della risposta pandemica sono rappresentati dall’Istituto Superiore di Sanità e dalla Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria, presso il Ministero della Salute. Ognuno dei due enti ha funzioni differenti e ben distinte che, soprattutto nella prima fase pandemica, non sono state chiare né per i cittadini né per buona parte degli operatori sanitari37,38.

La Direzione Generale rappresenta il braccio direttivo nella gestione della pandemia, dettando regole e suggerendo i principali approcci operativi per la limitazione della diffusione. L’ISS rappresenta un ente di ricerca che interviene su tutti gli aspetti che meritano un approfondimento virologico, epidemiologico, di modellistica matematica per fornire basi scientifiche su cui fondare le decisioni prese. Nella prima fase della pandemia tali ruoli non erano così ben distinti e ciò non ha facilitato la comunicazione ed il passaggio delle informazioni necessarie. 

Un buon coordinamento sarebbe utile anche per stabilire a chi spetti la comunicazione chiara e univoca sulle misure sanitarie da intraprendere in caso di un evento pandemico, sia per quanto concerne i contenuti, sia per quanto concerne il modo più appropriato di diffusione e divulgazione a seconda dei destinatari della stessa (specialisti, operatori sanitari, MMG, PLS, cittadini).

Fattori innovativi

Questa pandemia ci ha insegnato che la comunicazione e la condivisione dei dati sono cruciali, sono cosi nate delle reti di collaborazione e ricerca ad esempio per l’utilizzo di molecole sperimentali che hanno garantito l’accesso a farmaci quali il tocilizumab ad una larga fetta della popolazione11,39. Queste reti trasversali, composte da professionisti di diverse estrazioni (infettivologi, reumatologi, rianimatori, pneumologi, oncologi) hanno permesso di condividere le conoscenze, ottimizzare i trattamenti e cercare di dare una risposta pronta ed efficace. Tali gruppi hanno prodotto evidenze scientifiche di alto livello citate come esempi a livello internazionale. Sarebbe necessario standardizzare tali reti nate da contatti, conoscenze personali ed amicizie all’interno di percorsi strutturati gestiti dalle società scientifiche. Come accennato in precedenza, durante i primi mesi della pandemia, i server di prestampa (preprint) hanno cercato di rispondere all’esigenza di comunicazione e confronto (ad esempio https://www.medrxiv.org/). I preprint sono versioni preliminari di articoli di ricerca che gli autori condividono, prima di essere pubblicate su una rivista accademica, al fine di diffondere rapidamente metodi di studio, dati e scoperte all’interno della comunità scientifica. Questi report mantengono la comunità scientifica informata su ciò che i colleghi stanno studiando, permettendo così di sfruttare i successi e i fallimenti che altri hanno fatto, e risparmiare tempo.

Pianificazione

La pianificazione di una corretta risposta alla pandemia passa attraverso la creazione di un bundle di attività come definito in tabella 1che prevede azioni e validazioni a livello di agenzie che risiedono a diversi livelli: internazionale, nazionale, regionale e aziendale-locale.

Contesto esterno

È imperativo un coinvolgimento di tutti gli stakeholder istituzionali oltreché dei media per diffondere e spiegare gli obiettivi e le modalità operative per la realizzazione di interventi che possano limitare l’impatto di una nuova pandemia. In particolare, i punti che potrebbero essere fonte di contestazione da parte dell’opinione pubblica sono quelli riguardanti un sistema efficace di contact tracing che non deve essere visto come un’intrusione nella vita privata ma come uno strumento necessario per la salvaguardia della salute collettiva. Un esempio particolarmente efficace è il sistema di tracciamento sudcoreano40 che è stato realizzato rapidamente e ha permesso il tracciamento e la netta riduzione dei contagi41 come evidente dall’andamento pandemico in tale nazione. Il concetto fondamentale da trasferire a media e stakeholder politici è quello che, in determinate condizioni, l’interesse di salute pubblica dovrebbe prevalere su quello della privacy del singolo. Contestualmente è necessario condividere una campagna mirata ai cittadini per renderli edotti che la salute della collettività è un imperativo morale. Tutte le misure contenute nel bundle possono avere un effetto destabilizzante sull’opinione pubblica, pertanto la campagna mediatica dovrà essere organizzata e strutturata con messaggi che evidenzino il ritorno di salute previsto dagli interventi stessi. Altro punto fondamentale da includere nelle campagne di sensibilizzazione della popolazione è quello mirato all’igiene delle mani e all’uso di mascherine che dovranno divenire fondamentali in caso di pandemia.

Contesto interno

Rispetto al contesto interno, alcune azioni mirate a facilitare un percorso di implementazione per il bundleper la lotta alle infezioni potrebbero essere:

1. Rete internazionale per la rapida caratterizzazione dell’infezione e trasmissione dati: integrazione di diverse esperienze di reti internazionali esistenti, quali “Grid-based international Network for Flu Observation (g-INFO)”42e Geosentinel della International Society of Travel Medicine43, in un unico sistema di sorveglianza con tempi di segnalazione e notifica rapidi.

2. Sistema nazionale di task force per la gestione pandemica: chiara individuazione del personale delle Agenzie ministeriali necessario a gestire la pandemia per competenze e curriculum.

3. Rete regionale per coordinamento infezione e rapida integrazione ospedale territorio per ricovero, notifica e contact tracing: costruzione di una rete per la gestione delle infezioni che preveda integrazione di Medici di Famiglia, specialisti in Malattie Infettive, Dipartimenti di prevenzione e Dipartimenti di Emergenza Territoriale e Ospedaliera che permetta di evidenziare eventi sentinella e gestire gli eventi pandemici.

4. Percorsi definiti e simulati all’interno delle singole realtà ospedaliere per la gestione dei casi sospetti: definizione di percorsi che dovranno poi essere messi in pratica nella fase successiva e addestramento periodico del personale addetto tramite simulazioni.

5. Personale correttamente formato e certificato per l’utilizzo dei DPI in particolare per l’uso dei respiratori FPP2 ed FPP3: programma di corsi di formazione per il personale sanitario per l’acquisizione delle corrette modalità di utilizzo dei DPI, in base al rischio. Tale programma formativo andrà messo in atto nella fase successiva (Implementazione) e dovrà essere mantenuto nel tempo (Sostegno).

Fattori di collegamento

I fattori di collegamento da pianificare sono già stati ampiamente definiti nella fase esplorativa. In questa fase andranno organizzati e definiti i ruoli delle competenze delle agenzie governative, delle reti regionali e di professionisti. Le nuove tecnologie che permettono scambio di dati epidemiologici, clinici e scientifici in tempi rapidissimi permetterebbero di creare una rete di alert e di condivisione dell’ attività di contrasto alle epidemie. Il già citato articolo online di Kai Kupferschmidt evidenzia come all’inizio della pandemia COVID-19 Dave O’Connor e Tom Friedrich del Wisconsin National Primate Research Center abbiano riunito alcune dozzine di ricercatori sulla piattaforma di “instant messages”Slack per costruire un modello animale di infezione da SARS-COV-219. Tale piattaforma aveva già meritato un editoriale su Lancet nel 2016, ma è con la pandemia COVID-19 che diviene la principale risorsa a disposizione della ricerca biomedica44.

Fattori di innovazione

Alcuni fattori che sarebbe opportuno pianificare come nuovo approccio per garantire e diffondere la realizzazione dei percorsi indicati potrebbero essere: pubblicazione sui siti web delle agenzie nazionali ed internazionali dei verbali delle riunioni degli organi di controllo, registrazione e pubblicazione sui siti web delle singole aziende sanitarie delle simulazioni eseguite, diffusione di report a cadenza semestrale in fase inter-pandemica di patologie indice-sentinella su siti web pubblici.

Implementazione

L’implementazione delle misure per la prevenzione e il contenimento delle pandemie prevede delle azioni a cascata che devono avere nelle Agenzie Sanitarie Nazionali prima, e Regionali poi, i principali attori, oltre a interessare in alcuni casi la totalità della popolazione. Essi dovranno definire gli obiettivi cercando di includerli in quelli strategici delle Direzioni delle Aziende Sanitarie e degli Ospedali. I passi da mettere in atto sono molteplici e includono l’incremento del personale, la formazione del personale, oltreché la costruzione di reti per la risposta rapida, il trasferimento dei malati nelle giuste aree dopo l’individuazione del potenziale rischio infettivo. Da ultimo la predisposizione di un sistema efficace di contact tracing.

L’utilizzo di sistemi di isolamento dei pazienti in reparti di Malattie Infettive e il tracciamento dei contatti hanno permesso di controllare l’epidemia da SARS-COV nel 200345 per le diverse cinetiche virali e di diffusione dei due virus; infatti il paziente affetto da SARS-COV-1 diveniva contagioso dopo 5 gg dall’insorgenza dei sintomi (verosimilmente per la bassa carica virale nelle alte vie respiratorie) e questo limitava molto la diffusione46.

La fase di implementazione di qualunque progetto necessità della definizione di indicatori, poiché senza indicatori di avvenuta implementazione il processo resta vano e non se ne può verificare e certificare l’avvenuta applicazione.

Contesto esterno

In questa fase sarà necessario verificare l’applicazione delle politiche di sensibilizzazione nei confronti degli stakeholder pubblici e della popolazione che dovrebbero aver recepito i concetti di base riguardo l’educazione sanitaria ed il contact tracing. A livello locale o regionale si potrebbero raccogliere dati dalla stampa e dai media (trend-topics sui social-media) che confermino il recepimento dei messaggi trasmessi nelle campagne rivolte alla prevenzione e alla sensibilizzazione.

Contesto interno

I singoli punti componenti il bundle per la lotta alla diffusione delle pandemie andranno applicati e monitorati sulla base di indicatori per ciascuna fase:

1. Rete internazionale per la rapida caratterizzazione dell’infezione trasmissione dati: per quanto concerne la costruzione della rete, tramite verifica di congruenza tra il numero dei casi di patologie indice-sentinella segnalati dalle reti internazionali con quelli riportati nei reports delle singole nazioni.

2. Sistema nazionale di task force per la gestione pandemica: tramite pubblicazione sui siti web delle Agenzie Nazionali della costruzione della task force, della calendarizzazione dei verbali e di estratti di verbali semplificati.

3. Rete regionale per coordinamento infezione e rapida integrazione ospedale – territorio per ricovero, notifica e contact tracing: tramite pubblicazione della costruzione della task forcee della calendarizzazione degli incontri. Verifica della corretta notifica delle patologie sentinella, tramite comparazione delle notifiche giunte tramite il sistema regionale e la classificazione International Classification Diseases 9 (ICD-9) dei pazienti dimessi dalle SC Ospedaliere. Il contact tracing si potrebbe attivare durante la stagione influenzale per verificarne l’efficacia nei casi di influenza epidemica che richiedano il ricovero (Serious Adult Respiratory Ilness– SARI) verificando il numero di contatti tracciati dal sistema; tale approccio potrebbe essere giustificato eticamente dal fatto che le SARI rappresentano patologia indice e che la loro sotto-notifica è stata una delle principali cause della diffusione di SARS-COV-2 nella nostra nazione47.

4. Percorsi definiti e simulati all’interno delle singole realtà ospedaliere per la gestione dei casi sospetti: tramite l’inclusione tra gli obiettivi strategici dei direttori delle Singole Aziende Ospedaliere dell’attuazione dei piani pandemici che dovranno poi essere ribaltati nei budget delle strutture interessate (Direzioni Sanitarie, Malattie infettive, Pronto Soccorso, Rianimazioni) in modo da motivare tutto il personale alla realizzazione degli obiettivi.

5. Personale correttamente formato e certificato per l’utilizzo dei DPI in particolare per l’uso dei respiratori FPP2 ed FPP3: tramite l’esecuzione dei corsi base e dei re-training con pubblicazione sui siti delle aziende dei corsi avvenuti con partecipanti, il rilascio di certificazione al personale dell’avvenuta partecipazione ai corsi ed eventuale registrazione video dei corsi che potrà essere usata oltre che come testimonianza dell’avvenuta formazione anche quale supporto in fase divulgativa-formativa per personale laico.

Fattori di collegamento

Verifica dell’esistenza delle reti tramite la pubblicazione dei risultati della pianificazione e della costruzione dei sistemi di interfaccia.

Fattori di innovazione

I social media sono divenuti oggi un mezzo comunicativo cruciale per i governi e le agenzie governative per diffondere informazioni e notizie. Twitter in particolare è diventato durante la pandemia COVID-19 un elemento fondamentale per comunicare informazioni vitali alla popolazione. Recentemente un interessante lavoro di Shu Feng Tsao e collaboratori su The Lancet Digital Health ha evidenziato luci ed ombre dei social media nella pandemia e suggerito il ruolo che questi potrebbero avere nel combattere la disinformazione e la paura pandemica e nel fornire corrette informazioni48. In questo contesto si potrebbe ipotizzare la pubblicazione sui siti delle agenzie nazionali e regionali dei documenti, della calendarizzazione degli incontri e delle simulazioni. Introduzione di un “pandemic walkaround” mutuato dai “safety walkarounds” già in atto in alcune aziende per la verifica della sicurezza dei pazienti e che prevede, con cadenza trimestrale, l’accertamento dei percorsi all’interno delle aziende da parte di una commissione composta da Direttore Sanitario (o suo delegato), Responsabile personale tecnico/infermieristico (o suo delegato), Medico competente (o suo delegato), Direttore Malattie Infettive (o suo delegato). In tale “pandemic walkaround” la commissione dovrà passare in rassegna tutte le SC interessate, esaminarne i percorsi ed interagire con tutto il personale per verificare il recepimento delle regole necessarie a prevenire la pandemia e raccogliere suggerimenti da tutti gli operatori presenti.

Sostegno

Dopo l’opportuna implementazione del bundle sarà necessario mantenere i risultati ottenuti anche dopo che l’eco mediatica della pandemia in corso si sarà spenta, soprattutto quando anche i decisori politici inizieranno a dimenticare l’importanza della “preparedness fo the next pandemic”.

Contesto esterno

In questo contesto sarà necessaria l’azione sull’opinione pubblica di esperti e delle Società scientifiche che dovranno costantemente ricordare ai media l’importanza di una popolazione formata (all’igiene e all’uso delle mascherine) e sensibilizzata (ad accettare anche sistemi di contact tracing più invasivi della privacy in caso di necessità).

Contesto interno

Le misure definite nel piano di intervento definito dalle Agenzie nazionali e regionali dovrà divenire parte integrante degli obiettivi di formazione continua del personale sanitario, venire finanziato con programmi specifici, rimanere costantemente attivo. Contemporaneamente tale strumento dovrà essere interfacciato con sistemi di alertinternazionali per una pronta risposta alle infezioni emergenti. Un esempio simile agli interventi strutturati per la lotta all’infezione da HIV finanziati con la già citata legge 135/90 e mantenuti in atto fino ad oggi. 

Fattori di collegamento

Costante stimolo e mantenimento attivo delle reti tramite attività di ricerca che mantengano alta la collaborazione.

Fattori di innovazione

Continua ricerca e applicazione di nuove tecnologie informatiche perdiffondere cultura e trasmettere dati. Prosecuzione dei pandemic walkarounds mantenendoli tra gli obiettivi Aziendali.

Conclusione

Questo capitolo raccoglie le osservazioni di due clinici impegnati personalmente nella pandemia COVID-19 che hanno cercato di condividere cosa è mancato, cosa non ha funzionato e quali misure sarebbero state necessarie per affrontare in modo migliore l’emergenza. Il tutto declinato secondo un frame di teoria dell’implementazione.

Certamente la prospettiva è limitata dal punto di vista del clinico ma abbiamo cercato di oggettivare tutti gli elementi che sono mancati, di proporre il bundle di interventi già descritto nel corso del lavoro (e riportato in tabella 1) da applicare a situazioni simili che si dovessero presentare in futuro e di includere tutti gli elementi necessari per una corretta implementazione. Da questo punto di vista, il lavoro ambisce a cogliere necessità e azioni da applicare per migliorare la risposta ad un’eventuale e prossima nuova pandemia.

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