Osservatorio Italiano Prevenzione (Oip): le rilevazioni 2021 sulle attività di contrasto della pandemia di Covid-19

Francesco Calamo-Specchia1,2, Elio Borgonovi2,3, Carla Collicelli4, Michele Conversano5,6, Lucio Da Ros2, Enrico Di Rosa5,7, Ludovica Durst4, Antonio Ferro5,8, Fausto Francia5, Domenico Lagravinese5,9, Paolo Pandol5,10, Luca Gino Sbrogiò5,11, Carlo Signorelli5,12, Emanuele Torri5,13
Tendenze Nuove, Numero 1 – 2022; 1-27: DOI: 10.32032/TENDENZENUOVE20220103.PDF

1Coordinatore Oip;
2Fondazione Smith Kline;
3Cergas Bocconi;
4Cnr Cid-Ethics;
5Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica – Siti;
6Dip. Prevenzione Taranto;
7Dip. Prevenzione Asl Roma 1;
8Apss Trento;
9Dip. Prevenzione ASL Bari;
10Dip. Sanità Pubblica Bologna;
11Dip. Prevenzione Ulss 3 Serenissima;
12Univ. Vita Salute S.Raffaele;
13Dipartimento Salute e Politiche Sociali PA Trento




1. Introduzione

Come ormai ben noto nel mondo della sanità pubblica italiana, e come già segnalato su questa rivista nel 20171, è operante dal 2010 l’Osservatorio Italiano Prevenzione (Oip), costituitosi su impulso della Fondazione Smith Kline, tempestivamente raccolto dalla Società Italiana di Igiene (Siti), cui si sono associate successivamente la Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva (Simevep) e la Società Nazionale Operatori della Prevenzione (Snop).

Per i Dipartimenti, non esistevano nel 2010 (e per la verità continuano a non esistere), rilevazioni epidemiologiche sistematiche nazionali sulle quali fosse possibile fondare standard nazionali di risorse, organizzazione, attività, risultato. Scopo dell’Oip era dunque realizzare un confronto tra le differen- ti esperienze geogra che e le diverse appartenenze professionali del mondo della prevenzione italiana per arrivare a ipotesi condivise di tali standard.

Principali elementi di originalità dell’Oip sono stati fin dal suo inizio una costruzione partecipata dagli operatori, la rilevazione di indicatori quantitativi mai rilevati prima e l’allargamento all’ampio settore delle rilevazioni qualitative e della soggettività degli operatori e dei cittadini.

Con tale approccio l’Oip ha mirato fin dal suo inizio ad approntare un sistema di rilevazione con la rassegna più completa possibile di indicatori, e ad effettuare le rilevazioni più complete possibile (ossia nei Dipartimenti di tutte le Regioni italiane), nella consapevolezza che solo tale completezza – ponendo di fatto i presupposti di quel sistema nazionale di epidemiologia del territorio che ancora ci manca – può fornire la possibilità di una riarticolazione organizzativa dei Dipartimenti su base scientifica.

Utilizzando in complesso oltre 200 indicatori, l’Oip è così giunto a coprire, nella sua quarta rilevazione, ben l’82% dei Dipartimenti italiani; e si è quindi preparato a compiere lo sforzo mirante a coprire per intero il territorio nazionale testando nel 2019, in un territorio più circoscritto (ossia nella regione Puglia), la novità assoluta per la sanità pubblica italiana degli indicatori di soggettività (figura1). 

Il sopravvenire dell’emergenza legata alla pandemia ha evidentemente suggerito di rimandare al 2022/23 la rilevazione generale prevista per il 2021, per poter dare il proprio contributo di conoscenza in una fase tanto difficile per l’organizzazione sanitaria italiana.

Coerentemente alla sua vocazione, ed in considerazione della presenza di numerose altre rilevazioni mirate specificamente sull’andamento dei casi, l’efficacia dei vaccini ecc, l’attenzione dell’Oip è stata dunque rivolta, nel luglio 2021, alla rilevazione dei principali aspetti organizzativi del complesso sistema messo in atto per contrastare la pandemia di Covid-19.

Stante la drammaticità del momento, che assorbiva totalmente gli sforzi dei Colleghi del territorio, le rilevazioni non hanno potuto naturalmente avere altro che la forma di uno studio pilota, cui sono state raccolte adesioni su base volontaria. 

2. Risultati delle rilevazioni Oip del 2021 sulle attività di contrasto della pandemia di Covid-19

2.1 Partecipanti

Alle rilevazioni hanno preso parte 10 Dipartimenti distribuiti in 7 Regioni (tabella 1). 

La popolosità di tali Dipartimenti varia da un minimo di circa 300.000 abitanti a un massimo di oltre 1.200.000, ed essi servono nel loro complesso circa 6.800.000 cittadini, ossia l’11,5% dei circa 59.260.000 cittadini italiani. Tra i Dipartimenti partecipanti ve ne sono a caratterizzazione metropolitana, cittadina, montana, e di localizzati al nord, al centro e al sud del nostro Paese. 

Pur non trattandosi dunque di un campione selezionato per essere statisticamente significativo, esso può però costituire uno spaccato della realtà della sanità pubblica italiana sufficientemente rappresentativo, o comunque, di sicuro, fortemente suggestivo.

Va peraltro tenuto presente che nessuna delle domande sottoposte ai Dipartimenti, contenute in una griglia informatica, richiedeva una risposta obbligatoria; ciò ha determinato dunque che l’universo dei rispondenti sia anche significativamente diverso da domanda a domanda (dal massimo di tutti e 10 i Dipartimenti ad un minimo di 3). Nelle figure che vengono presentate qui di seguito, insieme ad ogni risultato delle rilevazioni viene ad ogni modo indicato in alto a sinistra il numero di Dipartimenti rispondenti che lo ha generato.

Nelle rilevazioni si è posta attenzione in particolare:

all’effettuazione dei tamponi per la ricerca diagnostica;

all’effettuazione delle vaccinazioni, analizzando sia la fase della organizzazione delle attività sia quella della somministrazione del vaccino;

alla formazione degli operatori coinvolti nella campagna vaccinale;

alla comunicazione circa la pandemia e tutti gli aspetti ad essa collegati.

Va sottolineato che più del 40% delle domande prevedeva una risposta “sì/no”, oppure da fornire selezionandola in una scelta multipla, il che è servito a rendere meno gravoso questo impegno; del quale l’Oip è comunque molto grato a tutti i Responsabili dei Dipartimenti partecipanti, che hanno una volta di più mostrato la propria coscienza professionale e sensibilità scientifica, anche in un momento per loro così operativamente impegnativo come quello in cui la rilevazione è avvenuta.

2.2 Tamponi

La distribuzione per fascia di età della popolazione dei 10 Dipartimenti mostra l’attesa distribuzione simil-gaussiana, con un addensamento nelle fasce di età intermedie (approssimativamente dai 40 ai 70 anni). 

Tale distribuzione, come ci si poteva aspettare, si riproduce abbastanza fedelmente nelle popolazioni dei positivi ai tamponi sia molecolari che antigenici, con una eccezione evidente per la fascia di età dai 31 ai 35 anni, che mostra un numero considerevole di positivi a tamponi molecolari (figura 2). 

Si tratta evidentemente di un dato troppo grezzo per permettere inferenze di alcun tipo; ma si potrebbe ad esempio avanzare l’illazione che tra i giovani sia stato presente un maggior ricorso ai tamponi, in particolare quelli ritenuti più attendibili, perché collegato ad una più alta renitenza di questa fascia di età alle pratiche vaccinali. 

Circa i tre quarti dei tamponi effettuati sono di tipo molecolare, nonostante il loro maggior costo e un certo maggior grado di difficoltà nel sottoporvisi; e in questo caso si potrebbe ipotizzare un ulteriore effetto dovuto ad una percepita loro maggiore attendibilità. 

Peraltro, essi hanno fornito una percentuale di risposte positive circa doppia rispetto a quelli antigenici (figura 3).

Il ricorso maggiore ai tamponi molecolari, e la loro più alta percentuale di positivi, può però trovare spiegazione – oltre che nella già citata loro percepita maggiore affidabilità da parte dei cittadini e dei sanitari – anche nelle scelte nazionali e regionali che prevedevano, nelle fasi della pandemia alle quali si riferisce l’indagine, l’utilizzo dei tamponi molecolari per la conferma diagnostica in molti dei pazienti con tampone antigenico positivo, e soprattutto l’utilizzo del solo test molecolare come “test di guarigione”, per sancire la fine dell’isolamento per i positivi. 

2.3 Vaccinazioni

2.3.1 Invito alla vaccinazione e rifiuto vaccinale

È stato chiesto ai Dipartimenti di indicare l’ordine di priorità tra le prime 5 categorie di soggetti cui è stata somministrata la vaccinazione; ed è stato quindi costruito un semplice istogramma assegnando per ogni Dipartimento – come indicato in legenda nella figura 4– 5 punti alla categoria vaccinata per prima, 4 punti alla categoria vaccinata per seconda, ecc. 

Sommando i punteggi ottenuti in ogni Dipartimento si è evidenziato che la categoria che ha generalmente goduto della priorità nella vaccinazione è quella dei soggetti di età superiore agli 80 anni.

Analizzando poi le modalità di invito alla vaccinazione adottate nei diversi Dipartimenti (che ne hanno ovviamente utilizzata anche più d’una), si rileva (figura 5) come siano state usate prevalentemente il Cup e la prenotazione telematica, e come anche le farmacie abbiano costituito un ottimo strumento di offerta vaccinale. Scarso viceversa appare il contributo dei medici di medicina generale, ed anche il ricorso ad altre modalità (prenotazione sul posto di lavoro, in strutture residenziali, ecc).

La percentuale di rifiuti di tale invito vaccinale è stata stimata dai Responsabili dei Dipartimenti come abbastanza contenuta, ma comunque non trascurabile: se nella metà dei 10 Dipartimenti essa è stata considerata inesistente, in quattro Dipartimenti è stata giudicata presente, seppur minoritaria, e in uno è stata ritenuta rilevante (figura 6).

Nel tentativo di analizzare meglio tale fenomeno di rifiuto vaccinale, si è indagato su quali tra i diversi ambienti e settori cui era stata rivolta l’offerta si fossero mostrati meno disponibili ad accoglierla (pur non richiedendo una distinzione tra le diverse categorie di soggetti presenti in tali àmbiti).

I Responsabili dei Dipartimenti hanno stimato (figura 7) che la maggior quota di resistenza – stimabile tra una e due persone su dieci invitate – si sia riscontrata in ambito scolastico e nelle carceri; mentre le percentuali di rifiuto – pur basse, ma presenti – tra il personale sociosanitario (in realtà una contraddizione in termini) devono costituire un elemento di riflessione significativo, se non un campanello d’allarme.

Quali potrebbero essere nel complesso i fattori di tale più o meno strisciante resistenza all’offerta vaccinale?

La risposta, nelle stime dei Responsabili dei Dipartimenti, indica prevalentemente una eccessiva percezione del rischio vaccinale, e per converso una scarsa percezione del valore preventivo del vaccino (figura 8). Peraltro, va notato che i primi 6 fattori per importanza su un totale di 8 segnalati dai rispondenti, riguardano l’ambito della percezione, della fiducia, della comunicazione; il che deve far riflettere sulla necessità di interventi sempre più efficaci sotto il profilo della comunicazione, della formazione, dell’advocacy, che appaiono davvero come l’elemento cruciale nella campagna vaccinale.

Ciò sembra confermato dalla scarsa stima da parte dei Responsabili dei Dipartimenti che elementi di disfunzionalità operative, riguardanti ad esempio la modalità di somministrazione o l’accesso al luogo di vaccinazione, possano aver influito sulla quota di non adesione alla campagna stessa. Del resto, lo stesso andamento generale della vicenda Covid-19 nel Paese, e lo spazio ottenuto appunto da temi e iniziative ideologicamente antivacciniste, più che mirate su specifici elementi di disfunzionalità operativa, conferma largamente questa sensazione riferita nella rilevazione, che si mostra dunque a parere di chi scrive ben fondata e non viziata da uno sguardo “di parte”.

Tra gli interventi condotti nei Dipartimenti contro il rifiuto o l’esitanza vaccinale, quelli che per circa un terzo si sono svolti nel settore della comunicazione e dell’informazione (figura 9) si sono dunque rivelati correttamente orientati. Nello specifico, la metà di tali interventi hanno utilizzato il webe la stampa, mentre Tv e radio, organizzazione di eventi ad hoced azione diretta di operatori sanitari (medici di medicina generale, farmacisti, ecc) hanno coperto quasi per intero il resto della gamma di canali utilizzati (figura 10).

Pochi appaiono viceversa gli interventi formativi per la popolazione e per gli operatori sanitari (questi ultimi invece particolarmente opportuni anche in considerazione delle sacche antivacciniste presenti tra i sanitari, come appena segnalato), rispetto anche agli interventi di riorganizzazione, pur necessari e importanti ma forse non cruciali ai fini del raggiungimento degli obiettivi della campagna vaccinale quanto quelli comunicativo/motivazionali; ed in particolare quanto quelli che si propongano di agire sulla amplissima quota irrazionale o francamente antiscientifica delle posizioni ostili alla vaccinazione. 

Un grande impulso infine andrebbe dato, alla luce di queste considerazioni, alla conduzione di ulteriori e più approfondite ricerche sul territorio, mirate sulla popolazione generale, circa le cause e le dinamiche dell’esitanza vaccinale; che potrebbero permettere di strutturare ed orientare con sempre maggiore efficacia i necessari interventi comunicativi, formativi, informativi.

2.3.2 Aspetti logistici

Tra i dati inerenti gli elementi organizzativi e logistici della campagna, sono stati anzitutto rilevate alcune informazioni circa i luoghi in cui si sono svolte le attività vaccinali.

Ampio appare il numero medio di luoghi di vaccinazione utilizzati per ogni Asl (figura 11), con una larga utilizzazione – oltre che ovviamente di spazi Asl – anche di spazi pubblici di varia natura, come palazzetti dello sport, stadi, scuole, caserme, ecc. Ed il richiamo contenuto in figura a “cinema, casinò, vaporetti” utilizzati come luoghi di vaccinazione (…oltre a permettere facilmente l’identificazione del Dipartimento che li ha messi in opera!) costituiscono una testimonianza della creatività e della volontà fattiva con cui si è cercato di far fronte all’emergenza mobilitando ogni risorsa disponibile.

Tali luoghi di vaccinazione hanno funzionato per un numero di ore giornaliere che è arrivato fino alle 13/14, ma che per le strutture Asl è risultato in media di 8 ore, la durata inferiore tra tutti i centri vaccinali (figura 12). Ciò può forse essere messo in relazione alla scansione giornaliera di turni e frequenze in ambito sanitario. 

Le strutture Asl sono viceversa luoghi di vaccinazione in cui non manca mai una check list delle informazioni e dei controlli operativi necessari (tabella 2), sul modello ad esempio di quella approntata dalla SItI2.

Va viceversa segnalata la carenza di check listnelle farmacie (figura 13), che – come altre notazioni confermeranno più avanti – sembrano quasi costituire in qualche modo un “mondo a sé” nel quadro degli interventi anti-pandemia del Ssn. 

2.3.3 Aspetti legati all’inoculazione

In più della metà dei Dipartimenti viene effettuato un consenso informato con moduli compilati prima della vaccinazione e ritirati al momento della inoculazione (figura 14), ma la scelta del vaccino da inoculare è permessa al vaccinando solo in un Dipartimento su 10.

Nelle diverse categorie di vaccinandi, per gli ultraottantenni ed i fragili sono stati utilizzati tra i diversi vaccini disponibili solo Comirnaty (di Pfizer-BioNtech) e Spikevax (Moderna) in quantità pressoché uguale, mentre Vaxzevria (di AstraZeneca-Univ.Oxford) ed in particolare il vaccino Janssen Ad26.COV2.S (Johnson&Johnson) sono stati utilizzati in tutte le altre categorie (figura 15). Ovviamente la differenza tra i produttori dei vaccini viene riportata per indicare la sottostante differenza nella tipologia dei vaccini: Comirnaty e Spikevax a mRNA, mentre Janssen e Vaxzevria a vettore virale non replicante; ciò permette anche di sottolineare come l’offerta vaccinale si basi sulla scelta corretta di offrire diverse tipologie di vaccini a diversi sottogruppi di popolazione.

2.3.4 Aspetti legati al personale

La media delle unità di personale delle diverse qualifiche presenti nei diversi centri vaccinali è riportata in figura 16.

La figura evidenzia in particolare come in ospedali e strutture Asl gli infermieri siano ovviamente i più presenti, ma essi presidino anche palazzetti ed altri centri; e come medici e infermieri in pensione costituiscano il nerbo del personale presente in palazzetti e centri vari. In farmacia sono invece presenti solo farmacisti, dato che conferma quella sensazione di una certa loro “separatezza” cui sopra si faceva riferimento.

Una stima delle attività prevalenti svolte dalle diverse figure professionali impegnate nella campagna vaccinale anti-pandemia (considerata per grandi linee nelle sue fasi di accettazione del vaccinando – anamnesi e raccolta del consenso – inoculazione del vaccino – registrazione e dimissione) mostra come i medici siano impegnati prevalentemente in accettazione e anamnesi, i volontari nella accettazione, gli infermieri nella registrazione e nella inoculazione, medici e infermieri in pensione nella inoculazione (figura 17).

Riguardo poi alle diverse attività e al personale che se ne occupa in riferimento alla sua dislocazione nei vari luoghi di vaccinazione, si stima che di accettazione (figura 18) in tutti i centri si occupino prevalentemente volontari e altro personale (tranne che nelle farmacie, dove se ne occupano i farmacisti); di anamnesi (figura 19) in tutti i centri si occupino prevalentemente i medici (tranne che nelle farmacie, dove se ne occupano i farmacisti); di inoculazione (figura 20) si occupino prevalentemente gli infermieri (tranne che nelle farmacie, dove se ne occupano i medici in pensione, e negli altri centri, dove se ne occupano gli assistenti sanitari); di registrazione si occupino in ospedale altro personale e infermieri, e in tutti gli altri luoghi i volontari e altro personale (figura 21).

2.4 Comunicazione e formazione in tema di pandemia

Alla luce di quanto sopra affermato circa la crucialità degli aspetti comunicativi per una gestione ottimale e una efficacia sempre più alta delle attività di contrasto della pandemia, appare non del tutto soddisfacente che meno di un quarto dei Dipartimenti abbia attivato procedure codificate di formazione degli operatori in tema “pandemia diCovid-19 – campagna vaccinale” (figura 22).

Entrando poi nello specifico degli interventi attivati (tabella 3), le tecniche utilizzate per tali procedure sono prevalentemente i classici corsi di formazione in presenza, generali e per neoassunti, accompagnati anche dall’utilizzo del webin varie forme; gli obiettivi e i contenuti non si limitano alle competenze professionali sanitarie ma toccano anche le strategie organizzative e le competenze informatiche; e il personale cui sono rivolti – oltre evidentemente che gli operatori dei centri vaccinali – comprende vari specialisti ed anche personale amministrativo. 

La diffusione di procedure codificate di comunicazione verso la popolazione appare invece più ampia (per quanto vada sempre tenuto bene presente come nella esiguità del campione considerato anche la differenza di un solo Dipartimento in più o in meno possa spostare sensibilmente la quota percentuale della rilevazione), essendo diffusa in 9 Dipartimenti su 10 (figura 23).

Tali procedure riconoscono una gamma di tecniche piuttosto ampia (tabella 4) che va dalla stampa, alla Tv, al web, ad eventi appositamente organizzati, al coinvolgimento dei Comuni, ecc; a conferma della “istintiva” e peraltro elementare percezione che in una campagna di popolazione sia appunto il coinvolgimento della popolazione il fattore assolutamente prevalente (ottimi vaccini, efficientissimi hube valentissimi vaccinatori senza nessuno che voglia vaccinarsi perdono evidentemente ogni effetto e ogni senso).

Obiettivi e contenuti della comunicazione verso la popolazione riguardano correttamente sia alcuni doverosi aspetti informativi (istruzioni per l’adesione alla campagna vaccinale, andamento della stessa e dell’epidemia, notizie sulle caratteristiche dei vaccini, ecc) sia soprattutto quella indispensabile azione di advocacye di “educazione civica” su solidarietà sociale, diritti, doveri, della quale per la verità occorrerebbe ricordarsi anche in momenti di non pandemia, costituendo la sua riuscita uno dei fattori chiave per il successo di ogni organizzazione, ed a maggior ragione di una organizzazione etica come il Servizio sanitario nazionale che nel consenso dei cittadini fonda la radice stessa della sua esistenza e da esso trae ogni sua legittimazione e ogni sua forza.

La comunicazione – seppure stavolta considerata nella sua componente “interna” al Ssn – si mostra come un fattore cruciale anche per i problemi di rapporto inter-istituzionali insorti durante la gestione della pandemia, che i Responsabili dei Dipartimenti identificano in larga parte con i problemi nelle relazioni con la stampa e con i problemi di armonizzazione e trasmissione delle varie disposizioni tra i differenti livelli organizzativi sanitari, più ancora che con divergenze di merito (figura 24).

In realtà, anche la comune percezione degli ultimi mesi ha evidenziato la necessità di un vigoroso coordinamento, dal livello centrale a quelli più periferici, dei momenti della comunicazione pubblica di ogni aspetto attinente la pandemia; nella pur illusoria speranza di un auspicabilissimo futuro forte controllo e limitazione delle voci estemporanee, non qualificate, ridondanti, non coordinate al raggiungimento di un obiettivo comune.

3. Conclusioni

Il dato che sembra emergere con grande forza dalle rilevazioni Oip 2021 è quello della centralità assoluta, “strategica” in una campagna di prevenzione e vaccinazione di massa delle attività comunicative e di relazione con la popolazione e il territorio con le sue istituzioni e associazioni. Esso è peraltro il dato che appare meno “transeunte”, ossia che meno risente e meno risentirà dei cambiamenti già occorsi nelle attività anti-Covid-19, e che ancora vi occorreranno.

Una conferma indiretta può arrivare dalla figura 25, che registra l’andamento della copertura vaccinale per altre vaccinazioni, riportata daiDipartimenti partecipanti alla rilevazione, nel periodo della pandemia di Covid-19, e che mostra l’andamento comune e piuttosto singolare di una flessione nel 2020 seguita da un rialzo nel 2021 fino a livelli superiori a quelli del 2019. Tale andamento può avere evidentemente molte spiegazioni, ma può essere suggestivo correlarlo all’evoluzione del “comune sentire” circa i vaccini (e forse anche circa il sistema sanitario nel suo complesso) in cui si è passati da una quota iniziale pre-Covid-19 di disinteresse, diffidenza o quasi ostilità piuttosto diffusa (gli assalti ai Pronto Soccorso, le aggressioni fisiche ai medici, ecc.) ad una fase di sfiducia e disorientamento collegata alle gravi situazioni prodotte inizialmente dalla pandemia e dalla mancanza di un vaccino, ad una fase in cui il vaccino finalmente disponibile è stato giustamente inquadrato come l’unica possibilità per uscire dalle difficoltà della pandemia, probabilmente trascinando con sé con la forza dell’evidenza i settori non ideologici dell’antivaccinismo, e determinando una attitudine favorevole verso tutte le altre vaccinazioni.

Tale risultato potrà essere consolidato quanto più si riuscirà a realizzare una forte alleanza con soggetti ed agenzie culturali e comunicative, formative ed informative pubbliche e private, con l’obiettivo non solo di incrementare la health literacy collettiva, ma anche e soprattutto di stimolare atteggiamenti e motivazioni verso gli interventi sanitari che si fondino solo sulla conoscenza corretta e per così dire “certificata” dei loro effetti di salute (che peraltro sarà certificata efficacemente solo da un Ssn che lavori coscientemente sulla propria immagine di certificatore efficace…!), e che vengano depurati da resistenze o opposizioni preconcette o ideologiche. 

Il dato messo in evidenza in questo lavoro, che segnala la scuola come paradossalmente l’àmbito delle maggiori resistenze antivacciniste, mostra tutta l’urgenza per la Sanità pubblica, a livello nazionale e nei singoli territori, di costituirsi pienamente come elemento produttore di conoscenze e atteggiamenti – ossia di cultura – senza tentennamenti, dimenticando antiche diffidenze e scetticismi verso tutto ciò che non sia intervento biomedico immediatamente misurabile, e sviluppando politiche pienamente culturali e strategie ragionate di alleanze con tutti i soggetti – e di presenza in tutti i momenti – che “fanno opinione” in ogni territorio.

Un dispiegamento completo del progetto Oip, quale quello auspicato in recenti convegni e pubblicazioni scientifiche3, prevede anche questo itinerario, percorribile grazie alla attivazione di una struttura Oip multipartita che tenga insieme una forte base di sorveglianza epidemiologica del territorio, epidemiologia dei servizi, riflessioni e interventi in campo di sociologia sanitaria, attraverso il tessuto connettivo di un sistema diffuso di comunicazione sanitaria fondato sull’ascolto/rilevazione, e poi sugli interventi nel territorio: dalle Scuole di sanità pubblica per gli operatori, ai protocolli di progettazione e valutazione degli interventi partecipata dai cittadini, dai protocolli di advocacyverso la popolazione generale, agli interventi mirati in realtà istituzionali (in primis le scuole) effettuati in strettissima sinergia con le istituzioni stesse.

Risulta infatti confermato anche nelle rilevazioni Oip 2021 come gli aspetti percettivi generati dal sistema organizzativo siano quelli di gran lunga più rilevanti per un buon successo delle campagne sanitarie di collettività, esattamente come gli aspetti auto-percettivi delle popolazioni cui le campagne si rivolgono.

Più in generale, le nostre rilevazioni confermano anche come una campagna vaccinale richieda una organizzazione estremamente complessa, che necessita di strategie codificate e di professionisti preparati in termini scientifici e comunicativi; e sottolineano come la rete dei Dipartimenti di prevenzione possa costituire l’interlocutore privilegiato per coloro che vogliano conoscere, analizzare, valutare gli interventi di Sanità pubblica al fine di intraprendere percorsi di miglioramento.

Assume dunque ulteriore rilevanza l’opportunità di condurre nel corrente anno la campagna di rilevazione nazionale Oip, che prevede una ampia quota di indicatori qualitativi e soggettivi mirati su operatori e popolazione; e che potrà fornire dunque una indicazione di come possa essere strutturato un sistema epidemiologico che fornisca ai decisori davvero tutte le informazioni che servono, raccolte in tutti gli ambiti cruciali per la salute, senza eccezioni, che permettano interventi di tutela e promozione della salute intesa davvero operativamente e pienamente nella sua accezione bio-psico-sociale.

Bibliografia

1F. Calamo-Specchia, A. L. Nicelli, M. Valsecchi, Osservatorio Italiano Prevenzione (Oip) dal 2010 a oggi: realizzazioni e possibilità di sviluppo, Tendenze nuove, 5-110, 1, 2017

2Cfr.https://www.vaccinarsi.org/assets/uploads/files/SITI_OIP_Decalogo_per_il_piano_vaccinale_anti_COVID_19.pdf

3F. Calamo-Specchia, Verso un sistema stabile di epidemiologia incardinato nei Dipartimenti di prevenzione, In:Rapporto Prevenzione 2019-2020. Dieci anni di Oip. Realtà e prospettive, pag. 129-194, FrancoAngeli, Milano, 2020

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