Sottodiagnosi, sovradiagnosi ed appropriatezza diagnostico-terapeutica nella BPCO

Fausto De Michele,
Direttore UOC Pneumologia I e Fisiopatologia Respiratoria – AORN A. Cardarelli, Napoli

La BPCO, tra le grandi patologie croniche, rappresenta a livello mondiale una delle condizioni cliniche più rilevanti da un punto di vista epidemiologico, con la peculiarità di essere l’unica per la quale l’OMS ha previsto, già da diversi anni, un incremento in termini di prevalenza, incidenza e mortalità. Questa previsione si sta rivelando esatta poiché da 5a causa di morte a livello mondiale all’inizio del secolo è attualmente al 4° posto ed è prevista una ulteriore scalata verso il 3° posto entro il prossimo decennio.

I dati epidemiologici sono molto allarmanti anche in Europa: nell’ultima edizione dell’European Lung White Book, pubblicato dalla European Respiratory Society nel settembre del 2013, si stimano in 23 milioni i pazienti affetti da BPCO nei 28 Paesi della UE (su un totale di 260 milioni di abitanti > 40 anni), con oltre 1 milione di ricoveri/ anno e circa 150.000 decessi ascrivibili alla malattia.

Si tratta di una patologia ad elevatissimo assorbimento di risorse sanitarie, gravata da alti costi diretti (consumo di farmaci, ospedalizzazione, ecc) ed indiretti (invalidità, perdita di giorni lavorativi, ecc). Tutti gli studi epidemiologici realizzati negli ultimi 15 anni hanno chiaramente evidenziato una significativa sottodiagnosi: nella totalità delle rilevazioni, a fronte di prevalenze misurate nei vari Paesi oscillanti tra il 5 ed il 10% della popolazione > 40 anni, si rilevava costantemente una sottodiagnosi che riguarda circa il 70-80% dei soggetti malati: in sostanza solo 1 soggetto malato su 4 o su 5 ha una diagnosi di BPCO.


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