Giorgio Gambale
C’è un principio, mutuato da una filosofia orientale, che spiega come i più abili tra i medici sia in grado di trasformare il vele in medicina e curare così ogni tipo di malattia. È un principio che poco ha a che vedere con il corpo e molto con lo spirito. Non avevo mai incontrato un tale medico dell’anima poi, in una grigia giornata di dicembre, ho cosciuto Giorgio Gambale.
La prima immagine che trattengo nella memoria è di lui, seduto con le lunghe gambe accavallate e le mani che si muovo nell’aria a sottolineare ciò che dice, mentre mi racconta perché a 59 anni ha deciso di voler raccontare la sua vita in un libro. Pochi giorni prima del nostro incontro gli è stata diagsticata una malattia che ha un me che mi fa trasalire dallo spavento.
Eppure lui, mentre me ne parla, mantiene gli occhi tranquilli. È concentrato, ecco, non impaurito. Il solo timore che ha è che la sua esperienza di medico vada persa e lui n vuole. E non perché ritiene, come molti baroni della medicina che ho incontrato nella mia vita di giornalista, di essere un uomo straordinario, ma perché sente che da uomo appassionato, circondato da altri uomini appassionati, è riuscito a dare un contributo al miglioramento del nostro Sistema Sanitario Nazionale.