Core outcome set per la valutazione e la valorizzazione di nuove terapie e gli esiti riferiti dai pazienti: PROs e PROMs

Gruppo di Studio Fondazione Smith Kline “Misurare il valore delle nuove terapie attraverso i PROs”
Fondazione Smith Kline, Verona
Tendenze nuove, Numero Speciale 2020; 37-43: DOI: 10.32032/TENDENZENS202004.PDF

 
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L’affermazione del paradigma della medicina basata sulle evidenze (evidence based medicine) ha favorito la diffusione di studi clinici, prevalentemente randomizzati, finalizzati alla valutazione di efficacia e sicurezza delle nuove terapie, farmacologiche e non, sulla base di specifici indicatori di esito. Ne consegue l’importanza di una selezione adeguata di tali indicatori a supporto di decisioni informate che orientino i trattamenti, la pratica clinica e la politica sanitaria in generale.

Alcuni studi hanno recentemente dimostrato, tra diverse aree terapeutiche, un diverso approccio ai processi di selezione, definizione, misurazione e comunicazione di outcomeeffettivamente rappresentativi della popolazionetarget1,2. La mancanza di accuratezza nella scelta degli endpointgenera infatti sprechi ampiamente evitabili nella ricerca, nel momento in cui i risultati prodotti non sono considerati rilevanti dai principali soggetti interessati (pazienti, decisori, professionisti della salute)3. Altre volte, glioutcomepossono essere definiti e misurati in modo eterogeneo, rendendo così difficile o impossibile sintetizzare i risultati di diversi studi di ricerca in una meta-analisi e applicarli in modo significativo per informare le policye la pratica clinica.

Ne deriva una chiara necessità di selezionare, misurare, riportare esiti di salute in maniera coerente e appropriata alla finalità di orientare la ricerca, la pratica clinica e le scelte di politica sanitaria.

Le incoerenze e le distorsioni dovute a dati incomparabili o poco rilevanti sugli effetti di nuove terapie possono essere affrontate con lo sviluppo e l’applicazione di set di esiti standardizzati e concordati daglistakeholder di riferimento, noti come core outcome set(COS), da misurare e riportare come requisiti minimi per una specifica area terapeutica.

La corretta implementazione di un COS può informare la raccolta dei dati in un contesto di studio clinico e pratica clinica (real world) garantendo la confrontabilità delle informazioni ottenute e soprattutto la rilevanza di queste a fini decisionali4.

Un COS può essere sviluppato per coprire tutti gli aspetti di una malattia o condizione di salute, ma può anche concentrarsi solo su un particolare tipo di trattamento (es. approccio chirurgico vs terapie farmacologiche), una specifica fascia di età (es. pediatrica vs adulta) o stadio della malattia (es. avanzato vs precoce). Secondo una recente tassonomia per la classificazione degli outcomeclinici, ne esistono 38 categorie che vanno da misure di sopravvivenza/mortalità a eventi clinici, eventi avversi, funzionalità, erogazione delle cure, qualità della vita, circostanze personali e uso delle risorse5. In molti casi questi risultati sono valutati come risultati riportati dal paziente (PROs). Questi possono essere definiti come una misurazione di qualsiasi aspetto dello stato di salute di un paziente che proviene direttamente dal paziente, senza l’interpretazione delle risposte da parte di un medico o di chiunque altro6. 

Il consorzio internazionale per la misurazione degli outcomesanitari (ICHOM) ha pubblicato, a oggi, 28 set standardcomposti da esiti standardizzati, relativi strumenti e tempi di misurazione, e fattori di aggiustamento del rischio che riguardano diverse condizioni e specifiche popolazioni di pazienti (https://www.ichom.org/standard-sets/). L’iniziativa COMET (Core Outcome Measures in Effectiveness Trials) punta a raccogliere e incentivare lo sviluppo, l’applicazione e la promozione dei COS, fornendo risorse utili e supporto metodologico. A tal proposito è disponibile in rete una piattaforma accessibile al pubblico (http://www.comet-initiative.org/) che archivia studi pubblicati sullo sviluppo di COS, nonché lavori pianificati e in corso7.

Il primo passo nello sviluppo di un COS consiste in genere nel chiarire “cosa misurare”, ovvero il dominio da indagare nella ricerca o nella pratica clinica. Seguono poi raccomandazioni su “quando” e “come”, ovvero quali strumenti di misurazione (outcome measurement instruments, OMI) utilizzare. Gargon e collaboratori stimano che solo il 38% degli studi COS contengano raccomandazioni su come misurare gli esiti8. Esistono in realtà delle linee guida sviluppate per la selezione degli strumenti di misurazione degli esiti di salute (consensus-based standards for the selection of health measurement instruments, COSMIN) (http://www.cosmin.nl/). COSMIN raccomanda un ordine di importanza predefinito per la valutazione delle proprietà di uno strumento di misurazione (OMI) da includere potenzialmente in un COS: (1) validità del contenuto, (2) validità strutturale e coerenza interna, (3) altre proprietà di misurazione ovvero affidabilità, errore di misurazione, validità interculturale, responsività9.

Più in generale, nel 2017 il progettoCore Outcome Set-STAndards for Development(COS-STAD) ha stabilito alcuni principi guida per la progettazione di uno studio volto a definire un COS10. Sono stati identificati 11 requisiti essenziali che riguardano 3 aspetti del processo di sviluppo del COS: ambito di applicazione, parti interessate e processo di generazione del consenso. Rispetto al primo punto, vanno chiariti l’ambito di utilizzo (ricerca, pratica, entrambe), la condizione di salute, la popolazione target e l’intervento di interesse. Tre gruppi di stakeholdersono stati identificati come essenziali nello sviluppo di COS: utilizzatori, operatori sanitari, pazienti o loro rappresentanti. Rispetto al processo di generazione del consenso, la trasparenza è un requisito importante e include il riconoscimento delle opinioni di tutte le parti interessate, la predeterminazione dei criteri, i metodi e il sistema di scoring, e un linguaggio inequivocabile. 

Gli esiti riferiti dai pazienti (PROs) sono una preziosa fonte di informazione in vari ambiti, dalla ricerca clinica alla gestione dell’assistenza sanitaria, passando per le attività regolatorie e decisionali sui nuovi trattamenti. Negli ultimi anni la crescente disponibilità di PROs e la loro integrazione con altre banche dati ha facilitato notevolmente la loro diffusione, tanto che è ormai affermato l’imperativo della necessità di misurare questa tipologia di esiti, essendo i pazienti osservatori privilegiati di limiti e risorse del percorso di assistenza e cura.

Un PRO è una rilevazione dello stato di salute di un paziente che proviene dal paziente stesso, senza interpretazione da parte del medico o di chiunque altro11. Si tratta di un termine generico che classifica una gamma di concetti diversi, come valutazioni dello stato funzionale, sintomi e qualità della vita correlata alla salute.

Un PROM (patient reported outcome measure) è uno strumento, una scala o una misura utilizzata per valutare un esito di salute come percepito dal paziente, ottenuto chiedendo direttamente al paziente12. Le misure di esito riportate dai pazienti completano le informazioni biologiche, genetiche, cliniche e gli esami fisici esistenti fornendo valutazioni standardizzate su come i pazienti funzionano o si sentono rispetto alla loro salute, qualità della vita, benessere mentale o soddisfazione rispetto all’assistenza sanitaria ricevuta13. L’idea di base è che la combinazione di dati clinici, genomici, proteomici e PROM fornisca un quadro più completo dello stato di salute dei pazienti e arricchisca le conversazioni tra questi, i clinici e i decisori per attuare scelte condivise e cure personalizzate. Esistono diversi tipi di PROMs. Alcuni forniscono punteggi multipli per una serie di domini valutati, altri stimano un punteggio di sintesi utilizzando un algoritmo predefinito che riflette le preferenze della popolazione generale per le diverse combinazioni di stati di salute. Inoltre i PROMs possono essere specifici per malattia o generici. Le misure specifiche servono a descrivere con precisione i sintomi e l’impatto sulla funzionalità, sulla qualità di vita, sullo stato di salute di una condizione specifica. Le misure generiche considerano invece aspetti generali come le attività quotidiane, la cura di sé e la mobilità che assumono rilevanza indipendentemente dall’aver sviluppato una specifica patologia. In effetti, i primi possono essere più sensibili ai sintomi specifici riscontrati dai pazienti, ma possono non riuscire a fornire un quadro generale della qualità della vita, mentre i secondi sono meno sensibili, ma possono fornire informazioni su domini sanitari che consentono confronti tra patologie diverse. Negli ultimi anni l’utilizzo dei PROs negli studi clinici è aumentato notevolmente mentre l’uso nella pratica clinica è documentato in pochissime esperienze “di eccellenza”. A livello individuale, alcuni PROs possono avere un valore prognostico che spiega l’utilità della compilazione dei questionari prima delle visite cliniche. A un livello più ampio, l’uso dei PROs può essere esteso ai meccanismi di negoziazione o rimborso, all’approvazione di nuove terapie o alla valutazione delle tecnologie sanitarie. Il nome PRO è stato infatti originariamente introdotto dalla Food and Drug Administration (FDA )in un contesto normativo. A causa del loro ruolo sempre più significativo nello sviluppo e nella valutazione di nuovi medicinali, la FDA, in collaborazione con esperti del settore e accademici, nel 2009 ha pubblicato una guida, Patient-Reported Outcome MeasuresUse in Medical Product Development to Support Labeling Claims14, per descrivere come esaminerà e valuterà gli strumenti PRO esistenti, modificati o di nuova creazione a sostegno delle nuove indicazioni approvate. La European Medicines Agency(EMA) nel 2016 ha pubblicato un’appendice alle linee guida sulla valutazione dei medicinali antitumorali, illustrando la sua posizione sull’uso dei PROs negli studi clinici in oncologia15. Le due agenzie hanno mostrato nel tempo un approccio diverso a questa tipologia di dati16. I PROs possono essere raccolti in vari modi (questionari cartacei, interviste telefoniche, e sempre più spesso con dispositivi elettronici dedicati o online). L’equivalenza delle varie modalità di somministrazione è ormai ampiamente accettata17. Un buon PRO è facile da somministrare, interpretare e usare per informare le decisioni in ambito clinico o sanitario18. Alcune delle criticità più diffuse riguardano l’analisi di queste valutazioni a causa di missing data, misure ripetute, definizione di differenze o soglie clinicamente significative. Nella selezione di un PROM è importante considerare le preferenze del paziente, del medico, dei decisori riguardo al tipo di informazione da raccogliere contro l’onere della compilazione dei questionari assegnato al paziente. Altre considerazioni devono riguardare eventuali barriere fisiche, cognitive, socio-economiche (evitabili grazie ai principi di user-centered design o ai test di usabilità) e buone proprietà psicometriche del questionario rispetto alla popolazione target19. È importante altresì considerare eventuali tariffe associate all’uso di strumenti proprietari, la durata e la frequenza della compilazione e il periodo di riferimento della rilevazione.

Bibliografia

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8. Gargon E, Gorst SL, Williamson PR. Choosing important health outcomes for comparative effectiveness research: 5th annual update to a systematic review of core outcome sets for research. PLoS One 2019; 14: e0225980. doi: 10.1371/ journal.pone.0225980.

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Gruppo di Studio Fondazione Smith Kline
“Misurare il valore delle nuove terapie attraverso i PROs”

• Massimo Andreoni, Università Tor Vergata, Roma;
• Andrea Antinori, IRCCS Spallanzani, Roma;
• Giovanni Apolone, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Milano;
• Elio Borgonovi, CERGAS, SDA Bocconi e Fondazione Smith Kline;
• Cinzia Brunelli, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Milano;
• Oriana Ciani, CERGAS, SDA Bocconi;
• Antonella Cingolani, Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico “A. Gemelli”, Roma;
• Lucio Da Ros, Fondazione Smith Kline;
• Claudio Jommi, CERGAS, SDA Bocconi;
• Simone Marcotullio, Consulente Socio Sanitario;
• Paolo Rizzini, Fondazione Smith Kline;
• Stefano Vella, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.

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