Formazione come motore della trasformazione digitale della salute. La missione della SCHOOL OF HEALTH – UNITELMASAPIENZA

Sebastiano Filetti
Direttore School of Health, UnitelmaSapienza, Università degli Studi di Roma

Tendenze nuove, n.01 2021; 3-7: DOI: 10.32032/20210103.PDF

È indubbio quanto l’attuale emergenza sanitaria abbia posto la società dinanzi a innumerevoli sfide che hanno interessato diversi ambiti della vita quotidiana: da quello, in primis, strettamente sanitario, con particolare attenzione agli effetti della pandemia in termini di public health, a quello socioeconomico, basti pensare alle ricadute nel sistema economico-finanziario e nel mondo del lavoro a seguito dell’adozione di misure eccezionali per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica.

La diffusione su scala globale del Covid-19 ha fatto sì che emergessero – o che in certi casi si ripresentassero in maniera ancora più chiara ed evidente rispetto al passato – alcune criticità a livello internazionale ed in particolar modo nel nostro Paese. Un tema centrale nel dibattito pubblico contemporaneo è senza dubbio la necessità di superare le difficoltà inerenti alla “sfida digitale” con cui oggigiorno siamo chiamati a misurarci e di acquisire la consapevolezza del ruolo strategico ricoperto dall’innovazione tecnologica per lo sviluppo sociale, economico e produttivo nell’era degli algoritmi.

Competenze digitali: il ritardo dell’Italia

Non è un caso, difatti, che all’interno del recente Digital Economy and Society Index Report 2020 redatto dalla Commissione Europea emerga una forte disomogeneità tra la performance digitale dell’Europa e l’evoluzione dei singoli Stati membri in termini di competitività digitale. Sebbene il report raccolga i dati relativi al 2019 su specifici indicatori (connettività, capitale umano/competenze digitali, uso dei servizi Internet da parte dei cittadini, integrazione della tecnologia digitale da parte delle imprese e servizi pubblici digitali), esso ci permette di individuare alcuni elementi utili a comprendere lo scenario attuale nel quale si sono poi aggiunte quelle stesse criticità precedentemente indicate, che sono state rese ancora più evidenti a seguito della diffusione del Covid-19. Un primo dato di assoluto interesse è il ritardo dell’Italia, che in tale classi ca si posiziona alla venticinquesima posizione tra i ventotto Paesi dell’Unione Europea. Nonostante alcuni recenti sforzi portati avanti dal Governo italiano, come ad esempio l’adozione di un piano quinquennale per la digitalizzazione e l’innovazione (“Italia 2025”), il Rapporto della Commissione Europea evidenzia uno stato di arretratezza generalizzato del Paese nel processo di digitalizzazione, che diviene ancor più significativo nell’ambito delle competenze digitali richieste dal mondo del lavoro, tanto da occupare l’ultima posizione in Europa (figura 1).

La recente pandemia ha evidenziato in maniera inequivocabile la necessità di supportare lo sviluppo delle competenze digitali, sia quelle di base che quelle avanzate, ad ogni livello della popolazione, ma in particolar modo tra i diversi attori nel contesto medico-sanitario: dai professionisti della salute tout court agli studenti e ai docenti nell’ambito della formazione specialistica, passando per i cittadini/pazienti quali “clienti” ultimi del sistema sanitario. Come evidenziato dal rapporto DESI2020, infatti, sebbene circa l’85% dei cittadini europei abbia utilizzato Internet, la percentuale di coloro che possiede quantomeno delle competenze digitali di base necessarie a “vivere” nella società digitale, ovvero quelle che permettono ad un individuo di acquistare servizi e beni online (come l’home banking e l’e-commerce), scende sino al 58%. È da sottolineare, tuttavia, che questo dato, seppur relativamente basso, ha subito un leggero aumento nel corso degli ultimi anni (+3% rispetto al 2015); mentre è emersa una sempre maggiore richiesta, da parte del mercato, di lavoratori in possesso di competenze digitali avanzate, cioè che siano in grado di sviluppare nuovi servizi e beni digitali (+1,6 milioni di lavoratori specializzati in ICT tra il 2014 e il 2018).

In tale direzione si muove l’esortazione della Commissione Europea di rafforzare la presenza delle digital skills nelle offerte formative delle scuole e delle università in maniera trasversale. Oltre che a creare quel background necessario per poter fare il proprio ingresso nel mondo del lavoro o specializzarsi nell’ambito delle professioni digitali, ciò permetterebbe anche di limitare l’aumento di quelle disuguaglianze sociali che sembrano essersi accentuate nel corso di questa emergenza. A ciò si aggiungono anche i dati raccolti dall’OCSE nel recente rapporto “Skills Outlook 2019 – Thriving in a digital world” che evidenziano la maggiore difficoltà da parte di alcuni paesi, tra i quali l’Italia, di sfruttare i benefici prodotti dalla digitalizzazione, a causa non solo della mancanza di quelle competenze digitali precedentemente indicate, ma anche di un basso grado di partecipazione dei lavoratori a percorsi di formazione continua e di aggiornamento professionale che permettano di trasformare in benefici concreti ciò che altrimenti rappresenterebbe unicamente una possibile opportunità offerta dal digitale (figura 2). A riguardo, il rapporto sottolinea lo stretto legame del mancato ricorso a percorsi di formazione/aggiornamento professionale per l’acquisizione di competenze digitali al basso livello di specializzazione dei lavoratori e all’elevato rischio di automazione dell’attività lavorativa condotta.

Una Call to action: formare al digitale

Formare al digitale, dunque, sembra rappresentare l’orizzonte verso cui tendere per gli enti di formazione e aggiornamento professionale, ma anche – e soprattutto – per le realtà universitarie quali soggetti deputati per eccellenza alla formazione dei giovani professionisti del futuro nei settori più complessi della nostra società, come in particolare quello della sanità e della salute.

Se guardiamo, infatti, verso il mondo della salute, è evidente che l’innovazione digitale potrebbe aver accumulato ritardi significativi. D’altra parte, un’efficace Digital Transformation della salute e della medicina non è solo legata alla disponibilità di nuovi strumenti operativi, ma dipende in gran parte dalla capacità di riuscire a insegnare competenze digitali e soprattutto metodologia digitale che vada oltre una semplice alfabetizzazione digitale, ma che conduca ad una vera e propria educazione e formazione al digitale.

La proposta formativa della School of Health

È in questo contesto che si inserisce la proposta formativa della “School of Health” di UnitelmaSapienza Università di Roma che si propone di dar vita ad un vero e proprio cambio di paradigma nell’ambito della higher education in medicina a livello nazionale. Non solo perché essendo un’università telematica ha il privilegio di poter superare le “barriere” dello spazio sico tipico delle aule e quelle geogra che, ma anche per la sua proposta fortemente innovativa sia nei contenuti sia nella volontà di proporre un modello non usuale nell’approccio alla definizione della propria offerta formativa, che potremmo definire “bottom-up” e che è caratterizzato dal coinvolgimento di tutti gli stakeholder del settore: in primo luogo, i professionisti della salute (medici, operatori sanitari, farmacisti, ecc) anche futuri (studenti in medicina e chirurgia, odontoiatria, professioni sanitarie, farmacia, specializzandi e dottorandi dell’area delle scienze mediche), e inoltre le aziende sanitarie e farmaceutiche, come quelle hi-tech e ad alta specializzazione nel settore delle ICT, ma anche il paziente, al fine di individuare le necessità formative reali nell’era della digital health, definendo i nuovi bisogni e le competenze indispensabili per dar vita a nuove professionalità altamente specializzate nel mondo della salute 2.0.

In questo contesto, pertanto, UnitelmaSapienza deve intercettare pienamente le opportunità oggi impellenti della formazione professionale continua da sviluppare e disegnare con gli stakeholder settoriali, che, d’altra parte, devono considerare questa formazione come un’opportunità e un investimento per la crescita professionale e non come una spesa passiva della trasformazione digitale.

La School of Health ha, dunque, come obiettivo, quello di promuovere lo sviluppo della health literacy e della salute digitale, dando vita a momenti di formazione continua e di aggiornamento volti, da una parte, a colmare l’assenza di specifiche competenze e, dall’altra, a fornire gli strumenti teorico-pratici per l’integrazione del digitale nella pratica professionale nell’ambito della medicina, della salute e della sanità. Si analizzeranno anche le criticità della salute digitale, come l’interoperabilità tra diversi sistemi e le tematiche medico-legali connesse alla e-health. Nello specifico, la proposta della scuola sarà caratterizzata da un’ampia e variegata offerta formativa che coniuga i temi principali della salute a quelli della formazione accademica e dell’insegnamento universitario, della comunicazione e dell’innovazione tecnologica, della sostenibilità e dell’internazionalizazione. Inoltre, insieme a pacchetti formativi specialistici, come master, corsi di alta formazione e di perfezionamento, la Scuola si propone quale luogo virtuale di dibattito e condivisione sui temi della salute digitale tra esperti, professionisti e – grazie alla realizzazione anche di webinar, forum e corsi monogra ci interattivi quali attività a scelta dello studente (Attività Didattica Elettiva) all’interno del proprio curriculum formativo – anche studenti in ambito medico-sanitario.

L’attività della School of Health, caratterizzata da un approccio articolato che spazia dai corsi di formazione, ai master, alla formazione continua e ai webinar, conferenze, workshop, e attraverso la definizione dei “target setting”, ha l’obiettivo non solo di ridurre il gap culturale presente nel capitale umano e di qualificazione degli operatori sanitari, ma sopratutto di realizzare una profonda maturazione della cultura digitale nell’ambito della salute.

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